Atalanta: chi è D’Amico, il «dopo Sartori». Giovane, schivo, occhio lungo sui talenti: ecco le sue scoperte migliori

scheda.

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Da Sartori a D’Amico: l’Atalanta cambia, provando a mantenere la stessa rotta. Il responsabile dell’area tecnica che ha contribuito a fare grande i nerazzurri si sposterà al Bologna e il suo successore sarà il direttore sportivo del Verona: un giovane che sembra fatto della stessa pasta.

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Quarantadue anni, Tony D’Amico è stato dirigente gialloblù per più di un lustro: è stato nominato ds nell’estate del 2018, all’addio di Filippo Fusco, l’uomo che l’aveva scelto due anni prima per entrare nei quadri dello scouting. Oltre che per la giovane età, si è fatto notare per la capacità di fare le nozze con i fichi secchi: pragmatismo e praticità sono armi che gli appartengono e che l’hanno aiutato a costruire il Verona che nell’ultimo triennio ha sorpreso in A, dopo essere partito nel 2019 come vittima sacrificale. Con un budget prossimo allo zero: D’Amico è un asso nel rapporto tra qualità e prezzo, tra risultati e spese. Nell’Atalanta, che ha potenzialità maggiori rispetto al Verona, può alzare anche l’asticella personale.

Scommesse e intuizioni

La valorizzazione di giocatori non esattamente sulla cresta dell’onda è un suo fiore all’occhiello: negli ultimi anni ha fatto qualcosa di simile al Sartori veronese, che aveva contribuito a costruire il miracolo Chievo. Lo stesso Sartori, poi, anche a Bergamo ha avuto l’abilità di scovare giocatori lontani dai grandi palcoscenici, conducendoli alla ribalta della Champions. Nel suo quadriennio scaligero, D’Amico ha acquistato carneadi e calciatori da ricostruire, proponendoli come uomini chiave e gioielli di mercato: si è “inventato” Rrahmani e Amrabat eIlic, ha rilanciato Barak Simeone e Faraoni, ha preso a zero i veterani Lazovic e Veloso, ha puntato su Tameze, Dimarco e anche sull’atalantino Pessina (arrivato ad alti livelli nell’anno di prestito sotto l’Arena).

Gente su cui in pochi avrebbero scommesso, ma che lui è stato capace di scegliere, individuando la funzionalità nel progetto veronese. Anche Lovato è una sua scoperta: acquistato diciannovenne dal Padova, in C, per 1 milione e ceduto proprio all’Atalanta per 8. D’Amico ha costruito plusvalenze e valorizzato –con il supporto degli allenatori- una serie di prodotti del vivaio, da Kumbulla a Udogie, fino a Casale. Il prossimo gioiello si chiama Coppola, diciottenne della Primavera, ma scommesse ancora da vincere sono Retsos e Praszelik, arrivati a gennaio. In tutto ciò, il prossimo uomo mercato sarà Barak, una delle sue intuizioni più riuscite.

Raccordo società-squadra

 

Quanto al modus operandi, D’Amico agisce in maniera un po’ diversa da Sartori: segue meno partite in giro per il Mondo (anche se comunque gira molti stadi), ma resta più a contatto con i calciatori, proponendosi come tramite tra società e squadra, seguendo spesso gli allenamenti e anche la Primavera. Ha lavorato con Juric (oltre che con il clone Tudor), ora dovrà farlo con il suo “fratello maggiore”, Gasperini: peraltro, il tipo di gioco è simile, dunque il dirigente è già rodato nella scelta di elementi funzionali a questo calcio. D’Amico è un esperto del mercato low cost e ha l’occhio allenato a scovare potenziali campioni: è un aziendalista convinto, si dota di una stretta cerchia di fedelissimi collaboratori e vive con trasporto il suo lavoro. Nel 2019, non dormì un minuto nella notte precedente l’acquisto di Rrahmani: si era diffusa la voce dell’imminente approdo in gialloblù e aveva paura dell’intromissione last minute di Standard Liegi e Celtic (che avevano messo gli occhi sul giocatore), ma non aveva la possibilità di chiudere l’affare in anticipo con la Dinamo Zagabria, perché in Croazia era giorno di festa nazionale e gli uffici del club erano chiusi.

Ex centrocampista

 

Carattere schivo, alla Sartori, ama restare lontano dai riflettori. Tony D’Amico è un pescarese che si è fatto da solo ed è orgoglioso di essere un figlio della strada. Da calciatore ha speso una carriera tra C e D (Chieti, Cavese, Foggia, Gela, Marino e Lecco, con una puntata all’Empoli in B), proponendosi come arguto centrocampista di categoria: già ai tempi aveva l’occhio lungo, tanto che adocchiava giocatori da suggerire come potenziali compagni. Ha smesso con il calcio a soli trentadue anni, nel 2012, poi ha lavorato un anno (2013/14) come allenatore in seconda della Vigor Lamezia e si è presto spostato dietro la scrivania: a Verona è sbocciato come dirigente, a Bergamo andrà a raccogliere un’eredità pesante, riproponendo un modello vincente.