U n trofeo lo vince una sola squadra, lo sappiamo. E sappiamo altrettanto che questa edizione della Coppa Italia per l’Atalanta era particolarmente proibitiva, con un tabellone che di colpo, per via di qualche eliminazione eccellente, si è totalmente sbilanciato. Quasi impossibile dal lato dell’Atalanta, un’autostrada per la Roma in finale dall’altra. Poi le partite vanno sempre giocate, e specie quelle secche sono sempre con la sorpresa in saccoccia. Ma potendo scegliere, non avremmo certo scelto questo quarto di finale con l’Inter a San Siro. Partita che l’Atalanta ha provato a giocare con intelligenza e pragmatismo, un po’ sulla scorta di quanto «imparato» nella prima parte della stagione. Chiaro che quando si gioca così le occasioni non fioccano, e diventa determinante alzare il tasso di realizzazione. Così non è capitato né nel primo tempo con Zapata, né nella ripresa con Maehle. E quando l’Inter ha calcato il piede sull’acceleratore, c’è stato il gol e poi tanta buona volontà, ma l’Inter è una squadra che sa essere anche solida, cattiva, smaliziata. Addio Coppa Italia, sarà - speriamo - per un’altra volta.
Resta il campionato, che per come s’è messo è una gigantesca occasione per centrare un’altra qualificazione europea. Certo, c’è la spada di Damocle della giustizia sportiva, ma per ora non ci sono deferimenti, e anche le motivazioni della sentenza sulla Juve lasciano aperta la speranza che l’Atalanta non sia colpita con la scure. Vedremo. Nel frattempo le difficoltà della Juve, unite a quelle del Milan, aprono scenari di ogni genere. Prima della partita di San Siro, però, si era chiuso il (non) mercato invernale, e allora vale la pena - anche al netto dei pochissimi movimenti - fare un approfondimento settore per settore. Com’era, come sarà.