L’incredibile metamorfosi dell’Atalanta. Con tanti «perché» che restano sospesi

commento. L’editoriale post partita

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S embrava poco un punto. Perché questa era una partita da vincere, nella tabella teorica che porta l’Atalanta a fine stagione a concorrere per un posto nelle coppe europee. E un’Atalanta che vuole l’Europa, che vuole tener vivo il sogno, a Salerno va e fa di tutto per vincere. Poi può non riuscirci, ovviamente: il calcio non è una scienza esatta e 1+1 spessissimo non fa 2. Ma il fatto oggettivo è che l’Atalanta a Salerno non è stata in condizione di far tutto il possibile per vincere. Non lo è stata sotto il profilo dell’organico, per l’incredibile sequenza di infortuni che si sta verificando, alimentata persino durante la partita. Per una condizione atletica che nuovamente, come dopo la vittoria di Roma contro la Lazio, ora dopo una fila di risultati positivi (a parte con la Juventus ovviamente) appare in calo netto, in una fase della stagione, gli sgoccioli, in cui solitamente si gestiscono le forze per concentrarle nell’impegno settimanale. E non l’ha fatto sotto il profilo mentale, con un primo tempo di «controllo» anche positivo, ma non finalizzato da almeno un gol, e una ripresa di incredibile retromarcia, di ritmi lenti proprio quando sarebbe servita la forza, almeno quella della disperazione, per provare a vincerla. E come spesso capita, si finisce per perdere. E per quanto ha fatto la Salernitana, lo si deve dire: perdere meritatamente. Avanti con qualche altro spunto sugli infortuni, sulle scelte, sugli scenari di classifica.