L’Atalanta e le big: bilancio (incredibile) dei rigori. Sei classifiche dicono che le valutazioni degli arbitri non sono uniformi

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A cavallo tra gli anni ’80 e ’90 il campionato di Serie A era sicuramente il prestigioso al mondo. I campioni di ogni angolo del globo facevano la fila per venire a militare anche nei club del nostro campionato. La Serie A in quegli anni poteva vantare almeno sette formazioni in grado di poter vincere lo scudetto, e sicuramente tutte altrettanto in grado di imporsi nelle competizioni europee. Proprio in quegli anni nasceva il mito delle «sette sorelle», ovvero sette club in grado di vincere ogni tipo di competizione a livello continentale, gestite da grandi magnati e dove gli introiti da ricavi televisivi erano nulli o quasi. Questa situazione rendeva equilibrata la posizione finanziaria di questi club di vertice. Quel tipo di calcio era per i presidenti un «gioco a perdere», e come i signori dell’età comunale, «buttavano» soldi per ottenerne in ricambio prestigio personale e gloria per la città rappresentata. Gli errori arbitrali non potevano determinare perdite o guadagni milionari come nel calcio moderno e la classe arbitrale ne risultava (a parità d’onestà) meno condizionabile. La stagione che si è appena conclusa ha reso la lotta per il titolo estremamente equilibrata, almeno fino al termine del girone d’andata. La corsa per accaparrarsi le posizioni dal secondo al quarto posto (valide per la zona Champions) è invece rimasta aperta sino all’ultima giornata. Per queste ragioni, nella stagione in corso la stampa si è riappropriata (forse un po’ inopportunamente) di questo tipo di descrizione per quanto riguardava le prime sette squadre in classifica (Inter, Atalanta, Milan, Napoli, Juventus, Roma e Lazio), che avevano precocemente segnato un distacco in punti con il resto delle formazioni di A. Rispetto a una volta, nel panorama europeo la maggior parte di queste squadre avrebbe faticato a superare i gironi di qualificazione, ed è stato per loro estremamente complicato competere con i club di vertice a livello continentale. Ma sentire ancora parlare di «sette sorelle» e di un campionato tornato equilibrato, ha galvanizzato buona parte degli appassionati sparsi per lo stivale. In quegli anni, questi club avevano ciascuno un grosso peso ed una notevole considerazione. L’equilibrio tra loro era suggellato anche dal rispetto della classe arbitrale che era allora lontana dagli scandali che l’avrebbe travolta una volta scavallati gli anni Duemila. Rimaneva certo una certa «sudditanza» verso i club più importanti (Juventus, Milan ed Inter su tutte), ma l’importanza “economica” di ciascuno di questi club era determinata dagli incassi da botteghino, che non erano in grado di muovere gli equilibri tanto come lo sono ora gli introiti da diritti Tv e qualificazione alla Champions League. Il recente finale di campionato e soprattutto la finale di Coppa Italia ci hanno invece regalato uno scenario del tutto diverso. Per quanto si tenti di parlare di «sette sorelle» e cercare di essere equilibrati nell’esprimere un giudizio, questo non può sottrarsi dal sottolineare certe anomalie emerse nel corso della stagione, e che sono peraltro suggellate da una serie di statistiche, che ora vedremo nel dettaglio.

La tabella sopra riporta il numero di rigori concessi nel campionato di A appena concluso. Ora però viene il bello.