Atalanta, col Venezia arriva un «mito» della porta: Sergio Romero. Dai rigori mondiali al gossip, papere e super parate

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“H oy vos te convertis en heroe”. Javier Mascherano quelle parole le dice guardando dritto negli occhi il suo portiere atteso dalla lotteria dei rigori: “Oggi diventi un eroe”. Il genio di quell’Argentina è ovviamente Lionel Messi, ma l’anima è il centrocampista del Barcellona, tecnica sopraffina ma anche carisma e “garra” da vendere. All’Arena Corinthias di San Paolo c’è in palio l’accesso alla finale dei Mondiali del 2014: tra la Germania che ha travolto 7-1 a Belo Horizonte i padroni di casa del Brasile e l’Argentina c’è solo l’Olanda. Una storia infinita iniziata nel 1974 quando l’arancia meccanica di Cruijff asfalta 4-0 i sudamericani al secondo turno, proseguita poi nel 1978 in Argentina nella finale persa 3-1 con i padroni di casa, ricominciata nell’edizione 1998 in Francia quando l’Olanda vince 2-1 al 90° ai quarti e che ora vive un nuovo atto in semifinale. Le statistiche dicono che ai Mondiali l’albiceleste ha vinto tutte le semifinali disputate, 4 su 4: gli orange 3 su 4, hanno perso solo quella del 1998 col Brasile. Ai rigori. Il portiere si chiama Sergio, come quel Goycochea che ha infranto i sogni di gloria dell’Italia di Vicini nella semifinale dei Mondiali di 24 anni prima. Una storia da sliding doors la sua, ma qui prima di San Paolo bisogna allora andare al San Paolo, di Napoli. Nel 1990 Goycochea viene convocato da mister Bilardo come secondo portiere: non gioca una partita da un anno perché in Colombia, dove difende la porta dei Millonarios, il campionato è fermo dopo che Pablo Escobar ha fatto uccidere un arbitro, a suo dire corrotto dal cartello rivale di Calì. Pumpido però si rompe tibia e perone nella partita del girone eliminatorio contro l’Urss e il suo torneo finisce subito. L’Argentina è campione in carica ma si qualifica solo come migliore terza alla fase ad eliminazione diretta: prima schianta il Brasile (con rete di Caniggia), poi tra quarti e semifinali passa solo perché porta entrambi i match ai rigori. Goycochea ne para 4: 2 alla Jugoslavia e altrettanti all’Italia (dove segna ancora Caniggia), quelli di Serena e del cisanese Donadoni. Legatissimo a Maradona, qualche giorno fa ha confessato di essere scappato davanti al feretro del leggendario numero 10 e di non avere ancora accettato la sua scomparsa. A San Paolo, 24 anni dopo, il Sergio tra i pali si chiama invece Romero, detto “Chiquito”: oltre al nome di battesimo e al ruolo ha in comune con Goycochea il fatto di avere giocato nel Racing di Avellaneda agli esordi.