Curva Sud, 1958-2023: Atalanta-Monza è l’ultima partita di un settore carico di storia. Ecco il racconto

storia. La storia di Dino Nikpalj

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A ltri tempi, decisamente. Per costruire l’ormai vecchia curva Sud del fu stadio comunale (ora Gewiss Stadium) erano bastati 6 mesi e mezzo e la non trascurabile cifretta di 43 milioni (e rotti) di lire di fine anni ’50. Via ai lavori nell’agosto del 1957, taglio del nastro in occasione di Atalanta-Milan del 16 marzo dell’anno dopo con tanto di vittoria 1-0. In totale quell’arco di gradoni in cemento ha accolto il pubblico per 65 anni o se preferite 23.821 giorni. Oggi in 6 mesi e mezzo manco si riesce a istruire una pratica edilizia, figuriamoci a tirare su una curva intera.

In realtà il primo progetto di ampliamento – che le cronache dell’epoca attribuiscono a Pino Pizzigoni – prevedeva un costo di 100 milioni, comprensivo però di entrambe le curve: “Un impegno che il bilancio comunale non può supportare dato che il Coni non è disposto a dare, per ora almeno, alcun aiuto” si legge su L’Eco del 24 novembre 1956. La questione era stata sollevata proprio dalle colonne del giornale nell’agosto dello stesso anno: “Oggi Bergamo ha necessità di far posto ormai a 30mila spettatori, dato e concesso che lo sportivo che paga più di 1.000 lire un biglietto di gradinata, ha bene il diritto di assistere all’avvenimento con una certa qual comodità, comunque non in piedi e a ridosso” scrive Armando Pardini che da subito si concentra sull’aspetto pecuniario: “E’ possibile ampliare economicamente l’attuale stadio?”, ovvero chi ci mette i soldi? “Sappiam bene essere al cancello di un vespaio…” prosegue il cronista che non si fa problemi a varcarlo. Perché “qualcuno ci potrebbe rispondere, ex abrupto, che è tutto legato alle sorti dell’Atalanta, che bisogno c’è di spendere dei soldi se prima o poi finirà in B?”. Ma “in un modo o nell’altro l’Atalanta avrà sempre una funzione di primo piano e oltre a questo siamo di fronte alla constatazione che il pubblico sportivo bergamasco è in continuo crescendo e occorre quindi pensare di trattarlo con un po’ di riguardo. Il problema non è urgentissimo, ma, ripetiamo, un pensierino non ci sta male!”.