Quella Lazio di 50 anni fa: una grande storia di calcio, campioni, faide e tracolli. Da conoscere, al di là del tifo

storia. La storia di Dino Nikpalj

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L a premessa è d’obbligo: anche se l’ultima cosa che vi passa per la testa è tifare Lazio, anche se non avete ancora (come tutti…) digerito la finale di Coppa Italia persa nel 2019, anche se, se, se, le tre puntate di “Lazio grande e maledetta” su Sky non si possono perdere. Un viaggio in un calcio in bianco e nero eppure più colorato e vero di una Supercoppa italiana in Arabia Saudita. Dove tra l’altro i biancazzurri c’erano, i suoi tifosi invece no: “È per noi inaccettabile giocare una competizione nazionale, come la Supercoppa Italiana, in territorio straniero: il calcio italiano è patrimonio popolare che deve rimanere alla portata di tutti e costringere i tifosi ad intraprendere trasferte intercontinentali è tutto fuorché popolare” la spiegazione. Cinquant’anni fa il massimo dell’esotismo per la Lazio erano state le trasferte di Coppa Uefa a Sion in Svizzera e soprattutto sul campo dei “trattori” di Ipswich dove non finì male, ma malissimo: un 4-0 senza appello che al ritorno dei sedicesimi (unica squadra italiana a passare il primo turno) si era trasformato in una folle resa dei conti tra italiani e inglesi costata un anno di squalifica ai capitolini con conseguente impossibilità di giocare la Coppa dei Campioni. Già, perché 50 anni fa la Lazio ha vinto il suo primo scudetto e la serie di Sky celebra le gesta di una squadra senza regole: folle, cattiva, tendenzialmente destrorsa, divisa in clan dal lunedì al sabato ma che la domenica si compattava contro chiunque provasse a pararsi davanti.