«Cara Santa Lucia...», le letterine degli scrittori

Omaggi letterari. Nella notte più lunga e più attesa, anche gli scrittori e i poeti esprimono i loro desideri in versi e in prosa grazie all’iniziativa «Cara Santa Lucia...» che quest’anno è giunta all’undicesima edizione. Abbiamo intervistato il direttore artistico Alessandro Bottelli e pubblichiamo la lettera dello scrittore Paolo Colagrande. Su l’Eco di Bergamo in edicola leggi anche le lettere di Zaccuri e di Rosalba de Filippis.

Per dieci anni «Cara Santa Lucia...» ha accompagnato il dicembre dei bergamaschi. Il reading letterario e musicale, ideato da Alessandro Bottelli, ci ha regalato musica e parole, scritte o composte da grandi autori per beneficenza, nel nome della Santa della luce. Dopo un’interruzione del reading dal vivo, causa Covid, il format si è trasferito su Bergamo Tv nelle ultime due edizioni. Questo è un anno di transizione e i testi pervenuti si possono leggere unicamente su carta, li vedete pubblicati proprio su queste pagine. Con il direttore artistico Alessandro Bottelli abbiamo tracciato un bilancio del decennale. Autore di numerose raccolte in versi più volte premiate in concorsi nazionali, è organizzatore di tante kermesse culturali, fra le quali la rassegna concertistica «Box Organi. Suoni e parole d’autore» di Lallio e, appunto, «Cara Santa Lucia Serata di luce e di doni tra musica e poesia».

Perché questo anno di pausa?

«Non direi di pausa, questa 11ª edizione è di transizione, esclusivamente cartacea. Ci prendiamo un momento di riflessione, il rischio era di diventare manieristi e ripetere un cliché. Spero che nel 2023 saprà tornare carica di novità, perché è un evento che mi sta molto a cuore. Vorrei che questo anno da capitale italiana della cultura fosse per la città non solo uno sfarfallio di luci esteriori, ma che porti a ognuno di noi qualcosa di più intimo e profondo».

Perché dedicare un reading letterario a Santa Lucia?

«Si tratta di un’iniziativa dedicata agli adulti, per fare conoscere la Santa non solo ai bambini ma anche da un altro punto di vista, tramite scrittori e poeti, cioè personalità che utilizzano lo strumento della parola in sommo grado. Negli anni abbiamo coinvolto nomi molto noti, da Andrea Camilleri a Dacia Maraini a Stefano Benni a Ermanno Olmi, solo per citarne alcuni. Abbiamo raccolto 150 fra poesie e racconti su Santa Lucia e temi affini. Non abbiamo ottenuto la collaborazione solo di scrittori, ma anche di musicisti e attori, anche molto conosciuti. Hanno partecipato Alessio Boni, Enrico Ianniello, Maddalena Crippa, Maurizio Donadoni».

Come nacque l’iniziativa?

«”Cara Santa Lucia...” nacque da un evento che avevo organizzato nel 2012 in occasione della grande mostra alla Gamec su Carlo Ceresa. Fra i quadri esposti c’era la Santa Lucia che è poi diventata il simbolo della nostra manifestazione.Un ritratto molto dolce - Ceresa aveva preso a modello sua moglie - che durante gli anni del reading dal vivo è stato esposto in chiesa, messo a disposizione dal privato che lo possiede. Io allora scrissi un testo che diventò la base per inediti pezzi musicali scritti dai compositori. Non bisogna dimenticare, infatti, che anche la musica ha sempre giocato un ruolo importante. Nel 2012 lo musicò Ennio Morricone».

Come ha fatto a ottenere la collaborazione di intellettuali così illustri?

«È sempre una scommessa quella dei testi. Sono molti gli episodi legati agli scrittori, l’anno scorso ho avuto il piacere di avere Sandro Veronesi e diversi premi Strega, come Tiziano Scarpa, che ha grande sensibilità. Negli anni gli scrittori si sono cimentati in tante letterine con speciali richieste di doni. Letterine che hanno fatto da collegamento fra un’edizione e l’altra. Quella di quest’ anno di Paolo Colagrande aprirà l’edizione del 2023. Gli altri testi ricevuti sono di Alessandro Zaccuri, giornalista e scrittore, e della poetessa Rosalba de Filippis».

In che modo gli scrittori si sono relazionati al tema?

«Il modo più “classico” è quello di chi ha ricordi d’infanzia legati alla Santa. Come sappiamo la tradizione di Santa Lucia come portatrice di doni è diffusa in Italia a macchia di leopardo, ma per chi viene dalle nostre zone è molto sentita. Santa Lucia è un punto di riferimento importante anche per chi ha problemi legati alla vista, tanti scrittori sono colpiti da questo tema, pensiamo ad Andrea Camilleri. C’è poi tutto il tema metaforico della luce. Infine, Santa Lucia è anche patrona degli scalpellini, che con il loro lavoro rischiavano molto gli occhi per via di polveri e schegge, come ci ha ben ricordato il racconto di Giorgio Fontana».

Pensa mai di pubblicare in volume tutti gli scritti?

«Sarebbe un librone, ma naturalmente prima dovrei avere il consenso di tutti gli autori. Alcuni di loro hanno già pubblicato i testi dedicati alla Santa. Se ci fosse un editore interessato ci penserei».

Cosa sono stati per lei questi 10 anni di «Cara Santa Lucia...»?

«Un’esperienza fantastica e con tanto calore. Abbiamo ricevuto tanta attenzione e tanta solidarietà e ne abbiamo fatta altrettanta, specialmente ai bambini meno fortunati. L’idea di fondo è che le parole possono tracciare un percorso di luce».

Il testo inedito di Paolo Colagrande si intitola «Portami un mappamondo - Letterina a Lucia»

Gentile Lucia,
salto la santità solo per una miglior presa di confidenza, senza l’ingombro di titoli, gradi, paramenti che imbarazzano il dialogo. Se non Le ho mai scritto prima è proprio per via della santità, che continua un po’ a spaventarmi. Nei Suoi archivi dell’ultimo mezzo secolo abbondante non troverà una sola lettera firmata da me, e nessuna mia lista di desideri, perché ho sempre avuto vergogna a scrivere: confidavo nel Suo intuito, nel Suo buon animo e nel Suo buon gusto, e prendevo quello che mi arrivava. E in fondo, santità a parte, la sua missione era quella di dispensatrice professionale di grazia, materiale gratuito o quasi, perché in cambio, per scaricar la gerla, le bastava un’autocertificazione di buona condotta (che io però, per prudenza, non ho mai fatto), un bicchiere di lambrusco sul tavolo e una carota per l’asino. In sostanza, il Suo lavoro non era tanto diverso da quello di un babbo natale, che ho sempre visto come cialtrone ipernutrito in maschera, o di una befana, vecchietta iconografica dal brutto vedere che il folklore ci presentava come nonna volante arzilla e spiritosa; ma io di nonna ne avevo già una tutta mia, vera e terrestre, bellissima, e non ne volevo un’altra, di fabbrica.

Ora, da adulto quasi pensionabile, ho imparato che c’è molto di più della gerla. Non vorrei riaprire vecchie ferite, ma c’è l’umiliazione degli uomini e un martirio crudele. Poi diversi miracoli, l’autorità di molti patronati: oculisti, scalpellini, medici e malati di vari reparti, eccetera. E pare che sia Lei, gentile Lucia, a dispensare quella luce che serve per vederci e guardarci intorno, ma anche per illuminare; e quell’altra luce che fa comodo agli artisti, sempre accesa, senza tramonto e senza caro-bollette. Ed è stata Lei, seicento anni fa, a svegliare le sfere celesti per avvisare che c’era un uomo disperato, perso nella selva oscura («Non odi tu pietà del suo pianto?») e a scendere, più tardi, a recuperarlo addormentato – e forse anche un po’ alticcio – giù nell’oltremondano («Lasciatemi pigliar costui che dorme; sì l’agevolerò per la sua via»). Cioè, c’è molto di più, nel giorno più breve dell’anno, di una gerla piena di regali, o di una santità certificata: c’è umanità naturale, per così dire, in carne ed ossa, senza pose o dottrine.

E ora che lo so, posso scriverLe.
Vorrei per me un mondo di giocattoli, di quelli veri, di legno, latta, gomma o bachelite, con cui passar le ore nel silenzio del mio angolo, nello spazio mentale dove ci si inventa un pianeta che non c’è, perché quello che c’è non è più così bello. Vorrei un mondo di pupazzi e marionette, per creare i miei folletti e le mie storie, i miei nomi e cognomi, da far girare su delle pagine. Vorrei un mappamondo, di quelli con dentro la luce elettrica (Le ricordo, a proposito, che Lei è anche patrona degli elettricisti) dove non ci siano disegnati solo terre e mari ma anche voci e risonanze, musiche, disgrazie, nebbie, impasti di detriti e rumori; poche parole perché delle parole ho più paura che delle epidemie. Qualche pianta selvatica con fiori strani, un po’ di malinconia da lontananza e storie belle, che a volte capitano.

E, alla fine, vorrei un finto volante di automobile, di quelli grandi col clacson in mezzo, da tenere stretto per guidare su strade e autostrade inventate, verso l’inimmaginabile, o qualcosa che gli somigli.
Poi non la disturbo più.

I testi inediti sono pubblicati per gentile concessione degli autori e dell’iniziativa «Cara Santa Lucia... - Serata di luci e di doni tra musica e poesia» edizione 2022

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