Don Palazzolo, il sacerdote santo fra gli ultimi

Il docu-film Il primo aprile al Conca Verde la proiezione della pellicola dedicata al fondatore delle Poverelle che sarà canonizzato il 15 maggio.

«L’evento della canonizzazione di don Luigi Maria Palazzolo è stato l’occasione per la realizzazione di un documentario che possa inserirsi all’interno della vasta serie di eventi celebrativi organizzati dalla Congregazione delle suore Poverelle e dalla diocesi di Bergamo – scrivono Nicola Salvi e Elisabetta Sola di Officina della Comunicazione - Obiettivo della narrazione è stato tratteggiare l’avventura umana e spirituale di Luigi Maria Palazzolo alla scoperta delle sue opere, in primis l’Istituto fondato insieme a Madre Teresa Gabrieli per vivere la prossimità agli ultimi secondo il Vangelo, per poi raccontare il primo secolo e mezzo di vita delle Poverelle, testimoni di misericordia in Italia e nel mondo, ma anche l’occasione per raccontare il contesto in cui è vissuto, un vero e proprio tuffo nell’ Ottocento Bergamasco».

Il film, intitolato «Luigi Maria Palazzolo. Prete tra gli ultimi», diretto dal regista bergamasco Omar Pesenti, con Walter Tiraboschi, nella parte di Don Luigi Palazzolo, e il contributo del burattinaio Virginio Baccanelli, viene presentato venerdì 1 aprile al Cinema Conca Verde di Longuelo (ore 20.45), alla presenza degli autori (ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria. Info: www.sas.bg.it, www.suoredellepoverelle.it).

«Abbiamo raccontato la Bergamo dell’800. Abbiamo scoperto questo mondo attraverso una ricerca storica»

«Si tratta di una docu-fiction – ci dice Omar Pesenti - quindi anche con momenti di ricostruzione storica con un attore che interpreta Luigi Palazzolo, ma la cosa più interessante mi sembra il fatto che abbiamo raccontato la Bergamo dell’800. Abbiamo scoperto questo mondo attraverso una ricerca storica dove abbiamo capito che i bambini, per esempio, non erano considerati come oggi. C’era una mortalità altissima, erano costretti a lavorare e Palazzolo, insieme ad altri, cerca di arginare il problema. Diciamo che è stato uno tra i primi ad occuparsi dell’infanzia. Lo fa portandoli via dalla strada e all’interno degli oratori dove organizza diverse attività».

Un quartiere malfamato

«La zona dove oggi c’è l’Istituto Palazzolo - continua Pesenti - era un quartiere piuttosto malfamato. Quindi lui toglie dalla strada questi bambini e si inventa, per esempio, degli spettacoli di burattini che anche noi abbiamo messo in scena nel film. Tra l’altro era lui stesso che li animava e scriveva anche i copioni o adattava le classiche storie

di Gioppino e noi nel film abbiamo utilizzato i burattini originali, proprio quelli che utilizzava lui». «Un film, quindi – prosegue Pesenti – che utilizza diversi linguaggi: la ricostruzione di fiction con un attore che interpreta Luigi Palazzolo, la parte dei burattini e poi una serie di interviste e di materiale d’archivio, soprattutto di carattere fotografico per dare un’idea di quel periodo storico.

«C’è una frase programmatica di Don Palazzolo che dice: “Io raccolgo il rifiuto di tutti gli altri, dove altri non può giungere io cerco di fare quello che posso”».

«Abbiamo organizzato la proiezione in vista della canonizzazione del Palazzolo – ci dice suor Maria Rosa Cattaneo - che ci sarà a Roma il 15 maggio, primo di una serie di eventi che abbiamo messo in calendario per l’occasione. Abbiamo voluto presentarlo in un teatro del territorio per coinvolgere più gente possibile. Abbiamo commissionato questo lavoro alla Officina della comunicazione e ci è piaciuto molto perché è realizzato con più

linguaggi con cui viene veicolato il messaggio: le interviste a storici, alla nostra postulatrice suor Lina, ad altre suore in Italia e poi il linguaggio dei burattini attraverso i quali vengono anche raccontati alcuni momenti della vita del Palazzolo. Una figura il cui punto forte era quello dell’attenzione alle persone più bisognose del territorio. C’è una sua frase programmatica che dice: “Io raccolgo il rifiuto di tutti gli altri, dove altri non può giungere io cerco di fare quello che posso”».

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