Il ricordo di Marcello Magni: «Peter Brook mi aprì mente e cuore»

Il ricordo L’attore e regista bergamasco ha lavorato a lungo con la leggenda del teatro del ’900 scomparso a Parigi: «Mi ha aiutato a trovare me stesso e la profonda verità esistenziale che porto in scena».

«Peter Brook nel suo teatro proponeva un viaggio assieme agli attori e al pubblico alla scoperta della vita, un viaggio che apre la mente, il cuore e lo spirito e rivela la verità più profonda dell’esistenza. Un viaggio che apre la porta alla speranza». L’attore e regista bergamasco Marcello Magni era molto legato al grande maestro del teatro del Novecento, una delle più grandi figure della scena teatrale internazionale, morto sabato a Parigi all’età di 97 anni (la notizia è stata data ieri). «Negli ultimi 15 anni con lui ho lavorato a molti spettacoli, alla produzione di film e a lavori per la televisione. Io e mia moglie Kathryn Hunter, anche lei attrice, eravamo molto vicini a Peter. Un grande amico. Con lui condividevamo quello che vivevamo. Fu una delle prime persone che ci chiamò nel pieno del Covid e ci propose addirittura di registrare una serie di clip e immagini che poi divennero parte di uno spettacolo, Frammenti 2, messo sul web. Lui era a Parigi e noi a Londra».

«Mi portò a fare “Fragments” (da Beckett, al teatro Bouffes du Nord) in francese, lingua che non sapevo parlare. Avevo fatto la Scuola di Lecoq, ma nessuno spettacolo in francese. Mi ha lasciato andare in scena col vestito delle prove e mi sono sentito completamente nudo davanti al pubblico. È stata una lezione enorme, perché tutto il suo processo era di semplificare l’attore per poi trovar qualcosa d’altro. E questo qualcosa d’altro non era che me stesso, la mia essenza. Nessuno mi ha mai fatto sentire tanta fiducia in me stesso quanta in quell’occasione»

Il dolore per la scomparsa del regista è forte nella coppia che ora vive a Londra. Tanti i ricordi che affiorano alla mente di Magni: «Le prime opere con lui nel 2006: “Fragments”, “The valley of astonishment” e “Why?” al Theatre des Bouffes du Nord di Parigi. Mi trasmetteva una fiducia enorme prima di andare in scena. Cercava di rappresentare lo spirito liberando il palco da ogni artificio e annullando il concetto di finzione: in scena così restava la verità dell’esistenza da condividere con il pubblico. Un’esperienza intima e collettiva di vita in cui lo spirito diventa tangibile».

Brook rimase stupito di come Magni potesse essere così semplice in scena, senza recitare: «Mi portò a fare “Fragments” (da Beckett, al teatro Bouffes du Nord) in francese, lingua che non sapevo parlare. Avevo fatto la Scuola di Lecoq, ma nessuno spettacolo in francese. Mi ha lasciato andare in scena col vestito delle prove e mi sono sentito completamente nudo davanti al pubblico. È stata una lezione enorme, perché tutto il suo processo era di semplificare l’attore per poi trovar qualcosa d’altro. E questo qualcosa d’altro non era che me stesso, la mia essenza. Nessuno mi ha mai fatto sentire tanta fiducia in me stesso quanta in quell’occasione».

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