Il ritorno degli affreschi del Romanino a Villongo: erano stati strappati 56 anni fa

ARTE. Le opere restaurate fanno ritorno nell’originaria Cappella di San Rocco a Villongo e sono nuovamente fruibili, diventando una nuova tappa del percorso culturale lungo «La Via del Romanino».

La sfida di un ritorno che rappresenta un caso rarissimo, lanciata dalla Soprintendenza di Bergamo e Brescia, è stata immediatamente accolta dalla Parrocchia di Villongo e condivisa e sostenuta dall’Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Bergamo, da Fondazione Adriano Bernareggi e da Fondazione della Comunità Bergamasca.

Affidata al restauratore Antonio Zaccaria, l’operazione di restauro e restituzione, coraggiosa e sfidante per la complessità tecnica e progettuale di reinserire i dipinti esattamente nella cornice architettonica per cui erano stati concepiti, s arà presentata il 15 aprile, alle 16, a Palazzo Passi di Villongo, dal parroco don Alessandro Beghini e dal restauratore, e sarà inaugurata alle 17 con la visita guidata alla Cappella di San Rocco, nell’ambito della Settimana della Cultura promossa dalla Diocesi di Bergamo. Visite guidate, sono in programma anche il 16, 22 e 23 aprile, con l’elevazione musicale del Coro Polifonico Vox Lucis nella vicina parrocchiale di San Filastro, in calendario il 22 aprile.

«E com’è bello, dopo le strade bergamasche, serrate nel verde fragrante, fermarsi a goder l’affabile solennità, l’aggraziata dignità dei dipinti nell’edicola di Villongo», scriveva a cavallo tra Otto e Novecento Bernard Berenson. All’epoca del suo passaggio, il celebre storico dell’arte poteva ancora ammirare nella cappella porticata di San Rocco, accanto alla parrocchiale di San Filastro, la galleria di santi che Gerolamo Romanino vi aveva dipinto ad affresco nel 1526 circa.

Da gennaio, Villongo è stata inserita nell’itinerario della Via del Romanino e i dipinti non sono stati semplicemente restituiti alla fruizione ma sono tornati al centro del sistema di “valori” culturali, sociali, devozionali che li hanno prodotti e da cui può nascere una nuova funzione, come sottolinea il parroco di Villongo, d on Alessandro Beghini: «Alla responsabilità di fondo di salvaguardare e rendere fruibile a tutti un patrimonio di arte e fede che ci è stato consegnato dal passato, si unisce in questa operazione di recupero anche una riflessione su che cosa significhi rivitalizzare la spiritualità nel presente. Il ritorno degli affreschi del Romanino nel loro luogo di origine non è un’operazione nostalgica, ma lo stimolo alla riscoperta di una relazione con Dio che oggi deve esprimersi necessariamente in forme e linguaggi nuovi, ma che può imparare dal passato l’essenzialità di una fede che si manifesta nella quotidianità, proprio come la Cappella del Romanino nacque al servizio di una devozione che si esprimeva in un luogo di cammino quotidiano».

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