Simone Vebber: «Antico e moderno, creatività all’organo». Stasera il concerto in Sant’Alessandro della Croce

INTERVISTA. Venerdì 29 settembre alle 21, nella chiesa di Sant’Alessandro della Croce in Pignolo, il secondo appuntamento del 31° Festival Organistico Internazionale «Città di Bergamo». Ingresso libero e diretta su YouTube. Il musicista: il mio programma si basa sui contrasti fra stili molto lontani.

Seconda serata bergamasca del progetto «Bergamo Brescia città degli organi» e unico interprete italiano della manifestazione della Vecchia Bergamo. Stasera, venerdì 29 settembre, alle 21 (ingresso libero e diretta streaming sul canale YouTube del Festival) nella chiesa di Sant’Alessandro della Croce in Pignolo, sede storica del Festival internazionale «Città di Bergamo», sarà protagonista il trentino Simone Vebber, uno dei migliori interpreti e improvvisatori italiani, al suo ottavo anno come docente al Conservatorio «G. Donizetti» di Bergamo. Il programma alterna curiosamente pagine contemporanee e moderne con altre del Settecento e Ottocento, oltre naturalmente a due improvvisazioni estemporanee, una in stile antico (Aria variata) e una in forma libera (Fantasmagoria).

«In linea di massima il programma si basa sui contrasti - spiega il maestro -: il contrasto tra stili molto lontani, magari più apparente che reale, perché hanno più cose in comune di quello che potrebbe sembrare. È una tecnica per mettere in evidenza le caratteristiche dei brani stessi. Io credo che anche la composizione del programma sia quasi un gesto creativo, come un allestimento di scene, o il montaggio di un film. Il trittico di Andelko Klobucar (1931-2016) ha forti connotazioni antiche, tipiche del Seicento, anche se è un brano modale e contemporaneo, ma il riferimento è quello».

E la sua prima improvvisazione ?

«Sarà in stile antico, adatta a creare una sorta di unico ambiente, in cui l’onda storica tra passato e presente entra ed esce».

E l’altro trittico, del tedesco Justin Heinrich Kntecht?

«È utile per far percepire quanto lo stile che si associa agli organi settecenteschi era diffuso anche Oltralpe: accenna alla musica operistica, al belcanto, all’ouverture operistica, il Capriccio si avvicina allo Sturm und Drang e allo stile galante. Si chiude con una Sonata, è un grande monumento della musica viennese, una sonata con più temi».

Quindi ancora musica d’oggi con Marco Uvietta.

«Il suo omaggio a Padre Davide da Bergamo parte da una situazione musicale in cui c’è una radicata consapevolezza storica. Uvietta è musicologo e conosce le questioni compositive. Esprime nel linguaggio contemporaneo il senso di un brano ottocentesco. Propone un linguaggio contemporaneo che si allinea all’uso dell’organo nell’800, che cerca di portare l’orchestra e le sue connotazioni in chiesa. Le sue annotazioni specificano ulteriormente l’ideazione della composizione».

Nel programma non mancano due capolavori: Pièce d’orgue Bwv 572 di Bach e la Fantasia K 608 di Mozart.

«Bach è un modello assoluto, senza altre declinazioni, con la sua vita ha espresso una dedizione profonda allo studio di altri compositori, allo studio del passato. La Fantasia di Mozart segna un avvicinamento alla musica italiana della cultura viennese. La mia improvvisazione “Fantasmagoria” è creazione artistica basata su elementi particolarmente vivaci, succulenti. Non è tanto dimostrazione di padronanza stilistica, piuttosto espressione di un gusto personale rispetto al linguaggio musicale».

Cosa pensa del Serassi di Pignolo?

«È tra i più interessanti e fra i più belli. Sono molto affezionato ad esso, ha risorse sonore vaste, permette un repertorio abbastanza ampio, con prospettive foniche che guardano avanti».

Come è iniziato il suo interesse per l’improvvisazione?

«Ho iniziato a improvvisare fin da piccolo, a sei anni, quando non leggevo ancora le note. Sul pianoforte c’erano libri come ”Il mio primo Mozart” e “il mio primo Beethoven”. Immaginavo di essere in quel contesto e immaginavo di leggere quei brani. Poi l’ho portata sempre avanti come filo conduttore della mia formazione musicale, in Italia e all’estero, a Parigi. L’improvvisazione ha sempre fatto parte dei musicisti, la prassi era improvvisativa nel ’600, nel ’700. Nella musica colta del ’900 si è un po’ persa, è rimasta nell’organo e nel jazz: è uno strumento utile per distaccarsi e per imparare a comporre. Improvvisare è suonare musica non scritta, che è diverso da eseguire. Offre un ampio margine creativo. È più personale, profonda e immediata. Permette di dire qualcosa di nuovo e inedito».

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Libretto generale: www.organfestival.bg.it/download/Libretto_Fest2023_ITA_BG.pdf

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