Vita dedicata all’arte fra studio e ricerca. Addio a Renzo Mangili

LUTTO . Si è spento a 76 anni. Esperto di pittura veneta e lombarda tra ’700 e ’800, ha realizzato un monumentale volume sui dipinti del Piccio. I funerali martedì 30 aprile nel Duomo di Bergamo, alle 14.30.

Non ha fatto in tempo a completare il catalogo dei disegni del Piccio, un lavoro minuzioso e certosino come quello che aveva compiuto per il monumentale volume, dato alle stampe nel 2014, dedicato alla pittura del Carnovali. Renzo Mangili se n’è andato domenica, dopo una breve malattia, a 76 anni da poco compiuti. Una vita dedicata all’arte, la sua, con passione e dedizione assoluta. Fatta di studio, ricerca, insegnamento. Mai sotto i riflettori.

Chi era Renzo Mangili

Nato a Bergamo nel 1948, residente in Città Alta da più di vent’anni, Mangili si era laureato a Bologna e specializzato all’Istituto di Storia dell’arte dell’Università Cattolica di Milano, dove avrebbe poi tenuto un master sulle arti decorative. Insegnò anche all’Università di Brescia e per un lungo periodo lavorò alla Biblioteca Mai, dedicandosi in particolare allo studio dei codici miniati e alla catalogazione delle opere.

Era anche scultore. Realizzò bronzi e piccole opere in vetro che sono state esposte in mostre, chiese e musei. Curò esposizioni importanti alle Scuderie del Quirinale e alle Gallerie d’Italia. Fu direttore del Museo d’arte e di cultura sacra di Romano di Lombardia e fece parte dell’Ateneo di Scienze, Lettere e Arti.

Ma è stata la ricerca il suo grande amore. Indagò la pittura veneta del Settecento e quella lombarda tra Sette e Ottocento. Sondò la produzione di Tiepolo e Sebastiano Ricci e riportò in luce i percorsi creativi di Orelli, Bonomini e Comerio. Iniziò a dedicarsi al Piccio negli anni Settanta, partendo dalla scuola di estrazione dell’artista. Scrisse di Diotti e di Scuri, prima di approdare all’opera di Giovanni Carnovali, il pittore che tra incursioni nei musei, archivi e case private studiò più a lungo, per dieci anni. E quando finalmente uscì il volume di oltre 600 pagine, per Lubrina Editore, «Piccio. Tutta la pittura e un’antologia grafica», lo storico dell’arte bergamasco indossò l’elmetto e si preparò alla guerra. Scriveva Luca Massimo Barbero, direttore dell’Istituto di storia dell’arte della Fondazione Cini, nella prefazione: «Peculiarità di questo catalogo ragionato è la potatura decisa di fronde ritenute apocrife nella galassia del”piccismo”, ipernutrita di un mercato non sempre limpido che ha contribuito alla sfocatura dell’artista».

Bergamo darà l’ultimo saluto allo storico dell’arte martedì 30 in Duomo, alle 14.30.

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