Fuga dal posto fisso per riprendere possesso del tempo

TENDENZE. Ha senso trascorrere ore nel traffico per recarsi sul posto di lavoro? Trascorrere più tempo in ufficio che con i figli?

Il periodo della pandemia ha avviato un ripensamento generale del rapporto tra vita personale e professionale. Francesca Coin nel saggio «Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita» (Einaudi) passa in rassegna le motivazioni che negli ultimi anni - in coincidenza con la pandemia - hanno spinto molte persone nel mondo a lasciare il «posto fisso» per scegliere altre strade, non sempre altrettanto gratificanti dal punto di vista economico, per trovare un migliore equilibrio personale. Un tentativo, chiarisce l’autrice, di fuggire da «regole tossiche e vessatorie». Il punto di partenza sono le storie dei lavoratori, con tanti spunti di approfondimento, a partire dalla gestione e dall’uso del tempo.

Da leggere nella stessa chiave «Finalmente è giovedì! 8 ragioni per scegliere la settimana corta» (Laterza) di Pedro Gomes, che ragiona sul nostro modo di lavorare e di vivere, proponendo un cambiamento radicale. L’idea di fondo è che una settimana lavorativa di quattro giorni possa portare vantaggi all’intera società. Le argomentazioni spaziano tra storia e teoria economica, basandosi su dati ed esempi concreti. Andrea Colamedici e Maura Gancitano, infine, in «Ma chi me lo fa fare?» (HarperCollins) mettono in crisi l’apologia dell’efficienza: spiegano infatti «come il lavoro ci ha illuso: la fine dell’incantesimo». Oltre l’impegno professionale, dicono, c’è di più, e spingono a immaginare un mondo in cui sia possibile applicare logiche diverse, alla ricerca di un orizzonte più ampio e profondo.

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