«Non togliamo tempo al sorriso di Enea»

MAPELLO. L’appello della mamma del bimbo di 7 anni e mezzo con la distrofia muscolare di Duchenne. Ha scritto insieme ad altri genitori a Mattarella perché non sia ritirato l’unico farmaco ora a disposizione.

Enea è «un bambino come tutti gli altri, molto intelligente e comprensivo, ha un carattere forte». Ma la sua mamma Ilaria, nel descrivere il suo unico figlio, non può nascondere la paura . Anche se la distrofia muscolare di Duchenne è una malattia genetica rara che colpisce un bambino maschio (le femmine possono essere portatrici sane) ogni 5mila, e il suo Enea è tra questi. Anche se le sue giornate e quelle del suo bimbo sono scandite dai farmaci da prendere, dalle sedute di fisioterapia, da battaglie (vinte) per vedersi riconoscere l’assistente educatore a tempo pieno a scuola, Ilaria Pirola ha paura d’altro.

Teme che il tempo scorra troppo velocemente, ancor più ora che il «Translarna» (principio attivo Ataluren), l’unico farmaco a oggi disponibile per i pazienti con distrofia muscolare di Duchenne – in particolare per chi è affetto dalla forma correlata a mutazioni nonsenso del gene Dmd – capace di contrastare l’avanzata di questa patologia degenerativa, rischia di essere ritirato dal mercato, dopo che la Commissione europea ha annunciato che non intende rinnovare l’approvazione condizionata del farmaco.

Mamma Ilaria e papà Anton hanno firmato una lettera sottoscritta anche da altre 15 famiglie italiane e inviata al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella

Enea ha 7 anni e mezzo, abita con i genitori a Mapello, e da lì mamma Ilaria e papà Anton Kukharchuk – di origini ucraine – hanno firmato la lettera sottoscritta anche da altre 15 famiglie italiane e inviata al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Al capo dello Stato chiedono «di aiutarci a sostenere il nostro appello alla Commissione europea, bloccando la procedura di ritiro, chiedendo eventualmente all’azienda produttrice del farmaco (che ci sostiene) di continuare a somministrarlo a tutti i pazienti attualmente in trattamento, e di poter produrre altri dati che possano ulteriormente chiarire i dubbi, in un tempo predeterminato».

Il fatto è che, spiega Ilaria, «ci sono studi scientifici che evidenziano come questo farmaco possa regalare tre anni e mezzo in più di tempo». Tempo rubato alla sedia a rotelle, perché «questa malattia colpisce i muscoli del movimento e, gradualmente, anche quelli respiratori e il cuore. L’aspettativa di vita è di 28 anni – spiega mamma Ilaria –. Enea ancora cammina. Grazie a questo farmaco, che prende da due anni, ha imparato a saltare, corricchia e mi dice “Ora mi sento forte”. Ma adesso ho paura che l’Ataluren venga ritirato dalla commercializzazione, che la malattia progredisca».

La sua storia con la Duchenne inizia due anni e mezzo fa. «Già prima che Enea compisse i tre anni – spiega ancora Ilaria Pirola, che di lavoro fa la parrucchiera a Medolago ma ora è in congedo straordinario per poter seguire suo figlio – avevamo notato un ritardo nel linguaggio e, dopo vari test al Polo territoriale di neuropsichiatria infantile di Bonate Sotto, ci hanno indirizzati al “Besta” di Milano».

Due anni e mezzo fa

È lì che nel 2021, «durante un ricovero di cinque giorni, arriva il primo sospetto e, a fine di quell’anno, la diagnosi» e praticamente da subito dai Kukharchuk sono diventati di casa fisioterapia e medicinali mirati a stabilizzare la distrofina, oltre al cortisone e al calcio. Poi i controlli: «Ogni sei mesi al “Besta”, una volta l’anno l’esame cardiologico e all’apparato scheletrico – continua Ilaria –. Ma posso dire che, se il nome di questa malattia spaventa molto, occorre vivere la vita giorno per giorno, rimboccandosi le maniche e godendo dei bei momenti e della gioia che trasmette Enea». Come i lavoretti e l’orto coltivato insieme a nonno Vanni, «al quale è molto legato, o le giornate a scuola, dove Enea ha un buonissimo rapporto con i compagni di classe. Cosa sogno per mio figlio? Un futuro spensierato: i bambini hanno bisogno di spensieratezza. Ma serve anche questo farmaco, e che si trovi una cura definitiva per questa malattia: ci sono tanti team di ricerca attivi, la nostra speranza è tutta lì».

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