L’ecografia, la malattia, la scelta di vita.«E ora Margherita è il nostro sole»

LA STORIA. La famiglia di Brescia ha affrontato la grave cardiopatia della terzogenita, «rinata» all’ospedale Papa Giovanni di Bergamo.

Due grandi occhi azzurri e un sorriso felice, Margherita gioca con un peluche avvolta dal suo tutù rosa da ballerina e nessuno direbbe che un tempo sia stata una «bambina blu», nata con una grave cardiopatia congenita, la Tetralogia di Fallot. Ha compiuto un anno il 13 giugno 2022 e pochi giorni dopo i suoi genitori, Elena e Andrea, si sono sposati. «Ha portato il sole nella nostra famiglia e nella nostra vita», spiega la mamma con un pizzico di commozione.

Ci è voluto uno slancio speciale di coraggio, fiducia e speranza per mettere al mondo la piccola Margherita. Il suo destino, infatti, sembrava incerto quando è arrivata la diagnosi prenatale di questa cardiopatia congenita complessa che ha come risultato finale un ridotto flusso di sangue ai polmoni e di conseguenza la cianosi del bambino (che diventa quindi facilmente «blu»).

La scoperta della malattia

«L’ho scoperto al quinto mese di gravidanza - racconta Elena Zanoni - dopo l’ecografia morfologica. I medici hanno eseguito altri accertamenti, perché a volte queste malformazioni congenite sono legate a diverse sindromi, ma per fortuna hanno escluso tutto il resto. Ci hanno chiesto se ci sentivamo di proseguire la gravidanza. Non è stata una decisione scontata né facile, ma abbiamo scelto di andare avanti, sorretti anche dalla fede. Ci abbiamo pensato bene, scegliendo consapevolmente di affrontare tutto il percorso, sapendo che sarebbe stato impegnativo».

Elena e Andrea hanno altri due figli, Giacomo di 10 anni e Matteo di 7. «Margherita - prosegue Elena - è arrivata di sorpresa, non avevamo pensato a un terzo figlio. All’inizio della gravidanza mi sentivo preoccupata e confusa di fronte a questa nuova sfida. Quando mi hanno riferito di questo problema, però, ho iniziato a vedere le cose da un diverso punto di vista: ho pensato che era ora di farsi coraggio e di rimboccarsi le maniche per cercare di offrire una vita bella a questa bambina».

Che cosa è la Tetralogia di Fallot

La Tetralogia di Fallot viene curata chirurgicamente all’ospedale di Bergamo e in pochi altri centri in Italia. Nell’ospedale cittadino lo si fa dalla fine degli anni ’60. All’epoca i bambini con questa cardiopatia venivano chiamati «bambini blu», per via del colore cianotico che assumeva la loro pelle. Per curarli allora bisognava portarli all’estero, finché Lucio Parenzan non iniziò a eseguire interventi pionieristici proprio a Bergamo, seguendo l’intuizione di curare i «bambini blu» nei primissimi giorni di vita.

La famiglia di Margherita vive a Brescia, ed è lì che lei è nata: «Abbiamo dovuto affrontare subito una situazione complessa - osserva la mamma - anche in modo inaspettato. Poco dopo la nascita, quando si trovava in terapia intensiva, ha avuto una crisi respiratoria ed è stata trasportata d’urgenza alla Terapia intensiva neonatale dell’ospedale Papa Giovanni XXIII, con il quale l’ospedale di Brescia opera in stretta collaborazione. Il momento in cui siamo arrivate a Bergamo è stato il più difficile. Mi sentivo spaesata e disperata, non capivo bene cosa stesse accadendo. Secondo le previsioni iniziali avrei dovuto portare a casa la mia bimba nel giro di pochi giorni, invece ci siamo trovati davanti uno scenario completamente diverso».

Il primo intervento al Papa Giovanni a 15 giorni di vita

Gli specialisti del reparto di cardiochirurgia quando Margherita aveva circa due settimane di vita hanno deciso di sottoporla a un primo intervento di confezionamento di uno shunt sistemico-polmonare, un collegamento tra il circolo sistemico e quello polmonare che consente di mantenere un buon flusso di sangue ai polmoni, evitare la cianosi severa e far crescere la bimba. A eseguirlo è stata l’équipe chirurgica Nicola Uricchio e Federico Brunelli, con l’assistenza anestesiologica di Francesco Consonni.

«Quando è uscita dalla sala operatoria - ricorda Elena - aveva un aspetto terribile. Era così piccola e fragile, e mi sembrava cianotica. Per un attimo terribile ho pensato che fosse morta, poi l’anestesista mi ha rassicurato, spiegandomi che il colore della pelle era falsato dalle luci. Nei giorni successivi, invece, l’ho vista riprendersi con grande rapidità. Hanno iniziato a estubarla e a darle il biberon. Così anch’io ho potuto prenderla in braccio, anche se all’inizio avevo paura, perché mi sembrava così piccola e delicata, collegata a mille fili e tubicini. I medici ci hanno sostenuto e hanno alimentato la speranza mostrandoci che nostra figlia reagiva in modo positivo alle cure».

La prima volta a casa

Finalmente Elena e Andrea hanno potuto portarla a casa: «I suoi fratelli erano felicissimi di vederla, hanno vissuto quel periodo complicato vedendoci tesi e preoccupati, hanno avuto paura come noi. Questa cardiopatia causa continue desaturazioni nei bambini, perciò la gestione quotidiana della piccola richiedeva cure e attenzioni particolari. Quando Margherita piangeva, finiva di mangiare oppure faceva il bagnetto diventava blu, creando in noi apprensione e spavento. Era molto esposta alle infezioni respiratorie, ho dovuto darle tanti farmaci e dato che era così piccola somministrarli non era semplice. Nonostante tutto ricordo questi primi mesi come un bel periodo, perché eravamo a casa tutti insieme, però è stato complicato. I suoi fratelli andavano a scuola, lei aveva bisogno di attenzioni continue».

Il secondo intervento chirurgico

Nello scorso gennaio è arrivata poi la convocazione dell’ospedale per il secondo intervento, quello più importante di correzione della cardiopatia. «Siamo stati per una settimana in reparto per le analisi, poi l’hanno operata. Il nostro soggiorno in ospedale è durato meno di quanto credessi, una quindicina di giorni al massimo. Ci eravamo preparati per tempo riorganizzando la routine familiare. Giacomo e Matteo durante il giorno stavano con i nonni, finché andava a prenderli mio marito, abbiamo avvisato anche le maestre della situazione. Alla fine però tutti hanno affrontato bene questo periodo così delicato».

L’intervento correttivo ha avuto un esito positivo. È stato eseguito dall’équipe chirurgica di Francesco Seddio, Federico Brunelli, Francesca Julia Papesso, sempre con l’assistenza anestesiologica di Francesco Consonni.

«Nonostante tutte le mie paure - commenta Elena - questo nostro momento difficile si è trasformato in un’esperienza particolare e formativa. Sia nel primo ricovero sia nel secondo abbiamo potuto contare sui volontari degli Amici della pediatria, che ci hanno aiutato moltissimo, così in occasione del battesimo di Margherita abbiamo deciso di devolvere una quota a sostegno delle loro attività. Ogni giorno c’era un regalo per la nostra bimba, una volta un sonaglino, un’altra una bellissima bambola, tutte le volte che arrivavano ci strappavano un sorriso. Se dovevamo allontanarci un momento per un caffè o per una doccia ci sostituivano restando accanto a nostra figlia. Ci procurava sollievo poter parlare con loro, perché la giornata in ospedale è lunga».

Elena non è rimasta chiusa in una stanza, ma ha colto l’occasione del ricovero per instaurare nuovi legami, fino a sentire gli altri bambini ricoverati nello stesso reparto e i loro genitori come una seconda famiglia: «Ho stretto tante amicizie con altre mamme e papà, molti li sento ancora. Le nostre giornate erano scandite da nuove abitudini: la mattina ci svegliavamo, facevamo prelievi e misurazioni, poi andavamo con il passeggino in corsia e incontravamo gli altri pazienti. C’era chi si spostava con la flebo, chi sulla sedia a rotelle. C’erano due o tre bimbi piccoli come Margherita e altri ragazzi più grandi. Ho incontrato persone con una dignità e una forza incredibili. Potevamo confrontarci e consolarci a vicenda, chiacchierando le giornate trascorrevano più velocemente. I medici hanno dimostrato non solo competenza e professionalità, ma una grande gentilezza e umanità. Anche i miei figli hanno disegnato per loro un ritratto originale per manifestare gratitudine a chi ha salvato la loro sorella. Quando sono tornata a casa all’inizio mi sono sentita un po’ destabilizzata senza avere intorno questa nuova famiglia allargata».

Il secondo ritorno a casa dall’ospedale

Ora Margherita è tornata a casa, cresce, sta bene e prosegue il suo «follow up» negli ambulatori della Cardiologia Pediatrica dell’ospedale: «È tranquilla, dorme nel suo lettino da sola. L’esperienza ospedaliera le ha lasciato un certo timore degli estranei, non vuole essere presa in braccio da nessuno al di fuori della sua famiglia. I controlli, che stiamo proseguendo ogni tre-quattro mesi, sono momenti difficili per lei, perché non le piacciono le visite, gli ospedali e i dottori».

Conduce una vita normale, come i suoi coetanei: «A settembre inizierà ad andare all’asilo nido. Nella vita non avrà limitazioni, potrà seguire le sue inclinazioni e realizzare i suoi sogni, qualunque essi siano. Quando sarà più grande le racconteremo la sua storia, perché è giusto che la conosca. Chissà, magari da grande deciderà di fare la cardiochirurga».

Andrea ed Elena si sono sposati alla fine di giugno: «Ci pensavamo da tempo ma per un motivo o per l’altro continuavamo a rimandare, invece dopo quello che abbiamo passato abbiamo ritenuto che questo fosse il momento giusto».

Ora una vacanza in camper

Ora intraprenderanno in camper la prima vacanza di famiglia con Margherita: «Abbiamo scelto la Francia con l’idea di fermarci a Lourdes come segno di ringraziamento, una tappa importante per noi e in particolare per Margherita. Passeremo attraverso la Provenza e ci sposteremo in Normandia. Il nostro itinerario sarà comunque adattato alle esigenze familiari, soprattutto a quelle della nostra bimba che è la più piccola. Mi piacerebbe che la nostra storia donasse fiducia e coraggio ad altre persone che devono affrontare un percorso simile, testimoniando che c’è la possibilità di un lieto fine. Margherita ha reso la nostra famiglia più vivace e divertente, quando la guardo penso che non potrei mai fare a meno di lei, è una grande gioia».

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