Oltre il buio, in rete grazie a «Omero»: «Ora il mio sogno sono le Paralimpiadi»

SPORT CONTRO LE BARRIERE. Christian, ipovedente, fa parte della squadra di goalball dell’associazione dilettantistica.

Passare la palla, scambiare ruolo con i compagni di squadra, valorizzare le capacità di tutti i giocatori, ascoltare con attenzione: questi sono gli ingredienti per la vittoria secondo Christian Belotti, 26 anni, di Cividino di Castelli Calepio. A giudicare dai risultati, è proprio ciò che serve: Christian infatti quest’anno ha ottenuto con la squadra di goalball della «ASD Omero Bergamo» il sesto titolo italiano nel campionato e si è classificato al secondo posto nella classifica dei marcatori. Fa parte di Omero, associazione sportiva dilettantistica disabili visivi (https://omerobg.it), da quando aveva 13 anni: «Frequentandola ho incontrato persone che mi hanno offerto nuovi orizzonti e aperto strade di cui non immaginavo l’esistenza. Ora cerco di fare lo stesso con i ragazzi più giovani, che si avvicinano alle attività sportive».

«Fino alla terza elementare ci vedevo, poi gli insegnanti hanno iniziato a lamentarsi con i miei genitori dicendo che ero pigro e non avevo voglia di studiare, finché si sono accorti che non riuscivo a leggere alla lavagna».

Christian è ipovedente e lavora come centralinista. Ha perso la vista a causa di una malattia degenerativa: «Fino alla terza elementare ci vedevo, poi gli insegnanti hanno iniziato a lamentarsi con i miei genitori dicendo che ero pigro e non avevo voglia di studiare, finché si sono accorti che non riuscivo a leggere alla lavagna». Gli hanno consigliato una visita oculistica: «Il medico mi ha diagnosticato una maculopatia. Nessun altro della mia famiglia ne è affetto, purtroppo è capitato a me. Ero ancora piccolo e non mi rendevo conto pienamente di che cosa mi stesse accadendo. Riuscivo comunque ad andare in bicicletta, a catechismo e giocavo a calcio con i miei amici. Ho avuto un’infanzia spensierata e più o meno normale».

«Non avevo più voglia di fare niente - spiega -, me ne stavo per conto mio. Lo sport era la mia passione e non poter più far parte della mia squadra mi pesava moltissimo. Mia madre però ha cercato su internet, si è imbattuta nell’associazione Omero, mi ha convinto a provare qualcosa di nuovo».

Con gli anni però i sintomi si sono aggravati e Christian si è scontrato con i limiti che la sua condizione gli imponeva: «Crescendo i miei amici hanno iniziato a usare il motorino, mentre io ovviamente non potevo farlo. In terza media non mi hanno più rinnovato il certificato medico e così ho dovuto lasciare la squadra di calcio del paese, dove fino a quel momento avevo giocato». Non è stato facile, Christian per un po’ si è ripiegato su se stesso, sopraffatto dalla tristezza: «Non avevo più voglia di fare niente - spiega -, me ne stavo per conto mio. Lo sport era la mia passione e non poter più far parte della mia squadra mi pesava moltissimo. Mia madre però ha cercato su internet, si è imbattuta nell’associazione Omero, mi ha convinto a provare qualcosa di nuovo».

Così Christian ha incontrato nuovi amici, persone che avevano difficoltà simili alle sue: «Ho iniziato con il calcetto, poi mi sono cimentato in diverse discipline come il torball, il goalball e l’atletica. Ho sempre preferito gli sport di squadra». Sia il torball sia il goalball sono varianti della pallamano, in cui i giocatori sono bendati e usano un pallone sonoro: quello da torball pesa circa 500 grammi, quello da goalball invece 1,2 chili. All’interno ci sono dei campanelli che permettono di intuire la traiettoria dei tiri. Nel torball anche il campo è diviso da cordicelle tese dotate di campanelli, e una partita dura 10 minuti, nel goalball il doppio. Nei palazzetti che ospitano le partite ci deve essere assoluto silenzio, anche da parte del pubblico, per non confondere o distrarre gli atleti, dato che devono affidarsi al massimo al senso dell’udito.

Christian, nonostante il progredire della malattia, ha proseguito gli studi con tenacia: «Ho continuato a cavarmela da solo trovando alcune strategie utili per aggirare le mie difficoltà visive: riuscivo per esempio a leggere i caratteri ingranditi sullo schermo del computer, oppure ascoltavo i testi registrati. Ho frequentato il liceo scientifico a Palazzolo, perché era vicino a casa, e lì ho avuto la fortuna di incontrare persone disponibili e attente alle mie esigenze».

La forza nello studio

Negli anni la vista è peggiorata ancora, ma Christian ha affrontato la situazione con coraggio, senza mai arrendersi: «Soltanto all’ultimo anno ho chiesto di poter avere un assistente alla comunicazione, che mi aiutasse nella lettura e nello studio, me l’hanno consigliato in modo che potesse affiancarmi durante gli esami». Dopo il diploma Christian ha intrapreso diverse strade: «Ho frequentato per due anni fisioterapia a Firenze, poi però mi sono reso conto che non era la scelta giusta per me». In seguito ha trovato lavoro grazie alla cooperativa «La Sfida» dell’Unione Ciechi: «Dopo sei mesi di tirocinio sono diventato centralinista. Per ora lavoro ancora in modo saltuario, sto cercando un’occupazione più stabile».

Gli impegni sportivi

Nel frattempo ha proseguito i suoi impegni sportivi: «All’inizio provare queste nuove discipline è stata una sfida. Mi sono trovato subito bene con i miei compagni di squadra e questo mi ha dato slancio, perché inizialmente ero privo di entusiasmo e di motivazioni. Adesso il mio sport principale è il goalball, gioco anche nella nazionale. Osservandolo da fuori può sembrare un po’ strano, ma è davvero molto coinvolgente e divertente. Si gioca bendati perciò per muoversi correttamente bisogna essere abili nel percepire lo spazio. Il ruolo più delicato è quello centrale, chi lo ricopre deve pensare alla difesa e coordinare la squadra. Gli altri giocano in posizioni laterali e vanno all’attacco. Ci alterniamo nei diversi ruoli a seconda delle caratteristiche di ognuno, ma in generale tutti sappiamo fare tutto. Occorrono buone capacità di coordinazione e di orientamento. Alla base, come in ogni sport, c’è un allenamento serio e costante. Il goalball è una disciplina paralimpica, e mi piacerebbe molto partecipare alle Paralimpiadi».

Le trasferte sono un’occasione per conoscere luoghi e persone nuove: «Questo sport mi ha dato la possibilità di viaggiare e visitare molte località. Ci sono i momenti di impegno in cui bisogna essere concentrati solo sulla partita, con tutto ciò che comporta in termini di tensione ed emozione, ma poi rimane sempre il tempo per fare un giro con i compagni di squadra». Col tempo Christian è stato chiamato a ricoprire ruoli di responsabilità nell’associazione: «Da quattro anni faccio parte del consiglio direttivo e sono responsabile del goalball e dell’atletica. Per me è stata una sfida, perché i ruoli istituzionali mi rendono ansioso. C’è voluto un po’, ma col tempo ho imparato e mi sono appassionato ai compiti che mi sono stati assegnati. Dato che Omero mi ha dato molto, anch’io voglio dare qualcosa in cambio all’associazione e ad altri ragazzi».

L’associazione «Omero»

Grazie a Omero ha continuato a provare esperienze diverse: «Mi piace intraprendere nuovi sport, un anno fa ho iniziato a giocare a baseball, mi è piaciuto e per continuare gli allenamenti mi sono unito alla squadra della Leonessa a Brescia. Collaboriamo spesso, il presidente della loro associazione per esempio viene a giocare con noi a goalball. Con la squadra di baseball quest’anno abbiamo vinto la Coppa Italia, è stato il mio primo trofeo in questa disciplina e mi ha dato moltissima soddisfazione. È uno sport in cui si ritrovano fianco a fianco atleti vedenti e non vedenti. Si gioca bendati, usando una pallina sonora. Il campo è normale, con quattro basi. Per poter giocare ci vogliono tanti assistenti e per ora a Bergamo non li abbiamo, perché le partite si sovrappongono a quelle di altre discipline, perciò i nostri volontari non bastano, ne occorrerebbero di nuovi dedicati solo al baseball. Questa disciplina richiede molta concentrazione per ascoltare la pallina, a me piace molto, perché è uno sport di squadra e si gioca all’aperto».

D’estate Christian partecipa anche alle camminate in montagna promosse da Omero: «Non sono uscite difficoltose, di solito vengono scelti percorsi alla portata di tutti. Ognuno può contare su un accompagnatore. Alla fatica della camminata si accompagnano sempre momenti conviviali e di ritrovo. È un’attività che unisce persone di diverse generazioni, perché andare in montagna piace a tutti, dai ragazzi fino agli adulti».

Di recente si è messo alla prova anche nel servizio di una «Cena al buio», un appuntamento particolare organizzato da Omero, in cui i commensali vengono accolti per mangiare insieme in un luogo completamente oscurato, ritrovandosi a sperimentare le stesse fatiche e difficoltà delle persone non vedenti. In queste serate sono le persone vedenti a farsi guidare: «Sono belle occasioni - osserva Cristian - per far conoscere l’associazione e le difficoltà concrete di chi non ci vede. Non è facile muoversi correttamente e servire a tavola nel buio completo, anche per questo ero un po’ dubbioso nello svolgere questa attività. Alla fine però ce l’ho fatta e quando posso ripeto volentieri l’esperienza, compatibilmente con le trasferte sportive. Le cene al buio sono molto apprezzate, ho notato che spesso dopo aver partecipato le persone chiedono di acquistare dei buoni per farle sperimentare ad altri familiari e amici, un segno di quanto siano significative e intense dal punto di vista umano».

Possono essere anche un modo per avvicinare i più giovani: «I ragazzi sono sempre alla ricerca di esperienze diverse, alcuni hanno conosciuto così l’associazione Omero e poi hanno ampliato la loro partecipazione ad altre attività».

Possono essere anche un modo per avvicinare i più giovani: «I ragazzi sono sempre alla ricerca di esperienze diverse, alcuni hanno conosciuto così l’associazione Omero e poi hanno ampliato la loro partecipazione ad altre attività».

Nell’associazione, Christian ha trovato tante opportunità di crescita: «Penso sia fondamentale mettersi in contatto con altre persone che hanno le stesse difficoltà, scambiarsi strategie per la vita quotidiana, capire come risolvere problemi concreti, migliorare le proprie abilità di orientamento e spostamento. Grazie a questo costante confronto, per esempio, sono riuscito ad affrontare serenamente gli anni di studio. Ho fatto pace con la mia condizione, ci sono alcuni limiti ma anche tante opportunità da cogliere: fare sport, viaggiare, stringere amicizie, avere una vita piena, senza paura di essere diversi».

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