Cavernago, una tragedia familiare. Togni: «Ora il momento del silenzio»

L’OMICIDIO. Il sindaco aveva firmato dei Tso per il trentenne arrestato per l’omicidio del papà. Le liti sempre più frequenti e le chiamate ai carabinieri. Auto di lusso e cene postate sui social.

«È un momento tragico per la nostra comunità. Ciò che è successo venerdì è un evento che scuote gli animi e che pone tantissime domande. È il momento del silenzio, quel silenzio che si fa ascolto per stare vicino a una famiglia della propria comunità». Giuseppe Togni, sindaco di Cavernago, proclamerà il lutto cittadino in occasione dei funerali (la cui data non è ancora stata resa nota) di Umberto e, in quel momento, Cavernago si fermerà.

La piccola comunità di Cavernago è scossa dal delitto

Intanto la piccola comunità, che conta poco meno di tremila abitanti, è ancora scossa per quanto accaduto a Umberto Gaibotti che, nel primo pomeriggio di venerdì, è morto per via delle coltellate – almeno 7 o 8 – inferte dal figlio trentenne, Federico, una esistenza tormentata segnato dalla tossicodipendenza. Erano all’incirca le 13 di venerdì quando tra padre e figlio è scoppiata la lite, l’ennesima, culminata poi con l’omicidio del 64enne. Sul posto sono intervenuti i mezzi del soccorso sanitario, un’ambulanza e un’auto medica, assieme ai carabinieri della stazione di Calcinate. Per il 64enne, però non c’è stato nulla da fare. I militari del reparto operativo dei carabinieri di Bergamo hanno effettuato i rilievi all’interno della casa e nel giardino dove è stato commesso l’omicidio. L’autopsia sul corpo della vittima, che ora si trova presso l’obitorio dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, verrà effettuata nella mattinata di domani. Intanto il figlio è stato arrestato con l’accusa di omicidio volontario e oggi, assistito dall’avvocato Miriam Asperti, verrà interrogato dal gip. Già ai carabinieri aveva comunque ammesso le proprie responsabilità.

In paese, dove in molti sostengono si tratti di una tragedia annunciata, non si parla d’altro. In molti erano al corrente della situazione di Federico: lo stesso sindaco si è visto costretto, a più riprese, a firmare dei trattamenti sanitari obbligatori nei suoi confronti. Negli ultimi tempi la famiglia, che da sempre lo ha assecondato nel suo percorso di recupero, era riuscita a inserirlo in una comunità nel Bresciano dalla quale, però, Federico è poi uscito.

Le liti con il padre sempre più frequenti

Le liti con il padre da tempo si facevano sempre più frequenti così come gli episodi di instabilità legati alla tossicodipendenza per cui, in diverse occasioni, si è reso necessario l’intervento dei carabinieri per calmare il trentenne. «Ho conosciuto Federico quando, tempo fa, ho avuto l’occasione di impartirgli delle lezioni di informatica – ha detto un conoscente –. Sembrava davvero interessato, tanto da riuscire a convincere il padre ad acquistargli un computer da gaming. Da lì a qualche anno, però, i suoi interessi sono cambiati». Per diverso tempo Federico ha lavorato presso uno studio di tatuaggi in via Piave a Martinengo. Dalle fotografie pubblicate sui suoi profili social, lo si vede ostentare una vita sfarzosa, con auto di grossa cilindrata e cene lussuose. Una cornice fragile, pronta sfaldarsi di fronte alla crudezza di una tragica realtà.

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