Sci fermo, lo sconcerto della Bergamasca
«Aprivamo in sicurezza, qualcuno paghi»

Orrù (Val di Scalve): si poteva riaprire in tutta sicurezza. Le montagne bergamasche in ginocchio, l’assessore Magoni: non sanno cosa vuol dire gestire un comprensorio.

«Non ci sono parole. Tutto questo è assurdo, non tanto per la decisione di chiudere per il peggioramento dei dati sanitari ma per le modalità». Così il sindaco di Foppolo Gloria Carletti commenta la decisione del ministro della Salute Roberto Speranza di rinviare ancora l’apertura della stagione sci.

«I dati li sapevano già prima - continua - eppure avevano confermato l’apertura. Così si sono avviate vendite online degli skipass, ci sono stati collaudi e assunzioni. E a poche ore dall’avvio lo stop. Questa è veramente una mancanza di rispetto nei confronti di chi lavora». «Nuovamente una decisione dell’ultima ora – commenta il presidente della Comunità montana di Scalve Pietro Orrù –. Si colpisce la montagna e soprattutto chi in montagna ci vive e lavora. Sono settimane che le stazioni sciistiche si stanno adoperando con investimenti importanti che avrebbero consentito una riapertura in sicurezza, ma a poche ore dal via ecco che arriva l’ennesimo cambio di rotta».

«Assurdo comunicare queste decisioni a 12 ore dall’apertura – aggiunge il presidente della Comunità montana Val Brembana Jonathan Lobati -. Adesso qualcuno paghi i danni».

«La situazione sanitaria - dice la sindaca di Gromo, Sara Riva - sta a cuore a tutti, ma è vergognoso il trattamento riservato, ancora una volta, alla montagna. Gli impianti sciistici, e le attività collegate, sono stati penalizzati per un’intera stagione e ora, dopo tutte le azioni per riaprire in sicurezza, arriva l’ennesimo colpo. Queste tempistiche sono del tutto irrispettose».

Romina Riccardi, sindaca di Valbondione osserva: «È una batosta rimandare l’apertura quando poi ormai sarà finita la stagione. L’ennesima stangata alla montagna: “chiudere” dopo un anno non è più soluzione, la soluzione va trovata nel migliorare la sanità. In molti comuni della valle Seriana, la più colpita, non ci sono neanche i medici di base. Aiutino concretamente le attività con giusti ristori e/o annullamento delle tasse, senza demandare al Comune fondi da rendicontare obbligando ad azioni prettamente burocratiche che rallentano solo l’attività amministrativa per poi distribuire briciole ai cittadini».

Grande sconcerto anche dal presidente del Collegio nazionale dei maestri di sci, Beppe Cuc: «Ancora una volta i maestri di sci italiani e la montagna sono stati abbandonati e umiliati da una comunicazione tardiva, che non ha rispetto per il lavoro di tante persone che si sono adoperate per una riapertura in sicurezza, investendo denaro e sacrifici. La montagna merita rispetto e serietà. Ora ci aspettiamo un concreto e immediato impegno per ristorare la categoria». Arrabbiata Lara Magoni, assessore al Turismo della Lombardia ed ex campionessa di sci: «Il governo Draghi non è altro che il rimpasto degli incapaci. A poche ore dalla riapertura dei comprensori dicono che non si apre. La montagna è fatta di gente che ci lavora, di famiglie che è per mesi che aspettano di lavorare. Ma non avete vergogna? Non avete idea di cosa vuol dire aprire un comprensorio. È giusto rispettare l’epidemia, sono bergamasca, so cosa è successo. Ma al supermercato le colonne vanno bene, mentre sugli sci si è decisa la capienza del 30%. Bormio ha 50 chilometri di piste e ci possono stare solo tremila persone. Invece sulla metro tutti ammucchiati». Stefano Benigni, deputato di «Cambiamo!» sulla stessa linea: «Una follia che mette la parola fine alla stagione invernale. Poche settimane potevano o salvare il salvabile. Lo sci crea un indotto enorme per le nostre valli e le nostre montagne. Tenere chiusi così gli impianti è inaccettabile».

«Senza impianti e senza sci la valle muore»
La Val Seriana e Val di Scalve si uniscono nella dichiarazione di Maurizio Forchini di Promoserio: «Con questa decisione, un intero sistema economico viene penalizzato. Se il buongiorno si vede dal mattino, l’esecutivo di Draghi non ha conquistato la simpatia di una larga fetta di operatori economici della montagna. Dalla mattina alla sera, nonostante settimane spese a prepararsi alla riapertura, oggi si ritrovano solo a fare i conti dei danni.

Siamo assolutamente convinti che la pandemia non sia ancora sconfitta e che il comportamento di ognuno debba essere improntato alla prudenza e all’attenzione. Siamo però sorpresi ed amareggiati per il divieto all’apertura degli impianti di risalita. È senza dubbio una sconfitta per chi deve controllare e gestire il fenomeno. Per le modalità in cui è avvenuto avrà delle pesanti ripercussioni sull’economia degli operatori della valle Seriana e val di Scalve che si erano ancora una volta adeguati alle stringenti norme stabilite dal CTS con una ulteriore riduzione delle persone trasportate, il controllo degli accessi e la bigliettazione on line. Tutto questo con un’evidente penalizzazione economica. Con questa decisione, un intero sistema economico viene penalizzato. Se la preoccupazione del CTS era il non volere creare assembramento in montagna, va sottolineato che le nostre montagne sono invase da centinaia di escursionisti che, giustamente, cercano di passare giornate serene e all’aria aperta con conseguenti grossi problemi di parcheggi, e code al rientro in città. Senza contare che gli assembramenti si ripetono a ogni week end in ogni città e in ogni località turistica».

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