Morto dopo la lite al semaforo, il pm: «Fu omicidio volontario, 24 anni all’investitore»

IL PROCESSO. L’imputato in auto speronò Walter Monguzzi, di Osio Sotto, poi scappò. Ha sempre negato di aver agito dolosamente. Invocata l’aggravante dei futili motivi. L’accusa: lo incastrano le intercettazioni in cella.

Il pm Letizia Aloisio, nell’udienza di lunedì 13 novembre, ha chiesto una condanna a 24 anni per omicidio volontario aggravato dai futili motivi nei confronti di V. B., 50 anni, magazziniere di Montello (ora agli arresti domiciliari), che domenica 30 ottobre 2022, dopo un diverbio stradale scoppiato in via Papa Giovanni a Montello, con la sua Fiat Panda aveva urtato un motociclista, Walter Monguzzi, 55 anni, di Osio Sotto, facendolo cadere nella corsia opposta dove era stato investito e ucciso da un’altra auto.

Tutti i testimoni, ha ricordato il pm, hanno percepito la manovra dell’imputato come uno «speronamento volontario». V. B. in aula s’è difeso raccontando che Monguzzi stava dando calci alla Panda e durante il terzo tentativo aveva perso l’equilibrio cadendo nella corsia opposta. L’accusa, citando le intercettazioni durante il periodo in cui l’imputato è stato in carcere, sostiene che si tratta di una versione suggeritagli dagli altri detenuti e che in altre conversazioni captate ammetterebbe di aver urtato il centauro volontariamente.

È un omicidio con dolo alternativo, ha argomentato il pm: l’imputato ha accettato che uno dei due eventi di verificasse, e cioè che il motociclista si ferisse o morisse. «Difficilmente, su una strada percorsa anche da altri veicoli, sarebbe uscito illeso - ha osservato Aloisio -. E ha reiterato la manovra per tre volte, consapevole che l’auto che stava sopraggiungendo sulla corsia opposta, era a 20 metri di distanza». Per il pm è un omicidio aggravato dai futili motivi, perché c’è «una netta sproporzione fra i motivi della lite (un diverbio dopo che l’imputato aveva urtato un piede della vittima a uno stop, ndr) e la morte di Monguzzi»; inoltre, non c’è stata provocazione da parte della vittima. Sei mesi di arresto il pm li ha chiesti per guida in stato di alterazione psicofisica, dal momento che V. B. era risultato positivo alla cocaina.

L’avvocato di parte civile Federico Pedersoli, legale di Martina Monguzzi, figlia della vittima, ha sottolineato che l’imputato «non ha avuto una parola di pentimento» e non ha voluto ammettere lo speronamento: «Dunque, diciamo no alle attenuanti generiche per l’atteggiamento processuale». «I motivi dell’omicidio, poi, sono futilissimi: non si può morire così», ha concluso Pedersoli. Il 27 novembre toccherà al difensore, l’avvocato Andrea Pezzotta.

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