«Diego, un esempio di forza»: Selvino in lutto piange il suo sindaco

ALTOPIANO. Dolore per la morte di Diego Bertocchi, aveva 35 anni. Nel 2019 la diagnosi di Sla. «Guardava sempre avanti». Stava preparando una lista per le elezioni del 2024. La camera ardente nella sala consiliare del Comune, i funerali venerdì 20 ottobre alle 15.

Se ne è andato in una fredda mattina di sole, più o meno all’ora in cui il cielo perdeva il suo velo biancastro e si riempiva d’azzurro. I baci presi dal suo Carlo terremoto e da Giulia, poi loro due via di corsa alla scuola materna, sette-otto minuti al massimo e, al rientro della moglie, la malattia contro cui faceva a pugni da quattro anni, la Sla, ha avuto l’ultima parola.

Ci ha «ingannati» un po’ tutti, Diego Bertocchi. Sempre più provato nel fisico, era però presente alle riunioni in municipio, l’ultima sabato e anche ieri mattina - 17 ottobre - ne avrebbe avuta un’altra, decideva con i suoi assessori e consiglieri il da farsi per il paese, scriveva post sui social, incontrava la gente per strada. Stava anche preparando la sua lista per le prossime elezioni del 2024.

Ci credeva, Diego. E con questa forza affrontava a muso duro la malattia neurodegenerativa progressiva tra le più temute, convinto che fosse l’antidoto definitivo contro la fine. Mostrarsi, anche: il suo essere presente in paese e anche sulle foto che postava su facebook raccontavano la sua malattia, bastone girello e poi carrozzella compresi. Invece ieri mattina alle 9 l’epilogo, e il piccolo Carlo ha perso il suo papà, Giulia Parma il suo sposo, Selvino il suo sindaco. Diego Bertocchi aveva 35 anni. «Lo sapevamo che prima o poi... Ti prepari, ma non sei mai pronto. Ho provato a rianimarlo, ma non è servito» dice la moglie – che è medico – fuori dal municipio dove è allestita la camera ardente.

Il suo Diego, un omone con fisico da centravanti – aveva giocato nella squadra del paese che militava in Prima categoria e quando nel 2014 vinse per la prima volta le elezioni, fu facile chiamarlo «il sindaco calciatore» – diventato sottile come un filo, è tornato nella sua sala consiliare, stessa postazione di quando – lo scorso 7 maggio – i suoi consiglieri gli si strinsero attorno dopo la consegna della cittadinanza onoraria ai «bambini di Selvino», gli ebrei sopravvissuti alla Shoah e accolti nell’ex colonia di Sciesopoli. Scoppiò un lungo applauso per lui, e c’era dentro tutto. Si emozionò, pianse. Ma subito dopo si aprì in un gran sorriso: era il suo modo di comunicare, l’unico mezzo rimastogli insieme al sintetizzatore vocale attraverso cui non si stancava anche di scherzare, lui immobile sulla carrozzella basculante.

A Carlo: «Ci guarderà dal cielo»

Ieri la sua postazione al centro della sala era circondata da una croce, il labaro dei Volontari Ambulanza Selvino Aviatico con il fiocco nero del lutto, fiori e, appoggiata sulla bara, la fascia tricolore. In tanti sono giunti ieri a fargli visita, prima e dopo quel quarto d’ora lasciato a disposizione esclusiva della moglie e del figlio Carlo di 5 anni, arrivato poco dopo le 16 con le mani ancora tutte dipinte di tempera verde e lo sguardo volitivo che è il ritratto del papà. «Gli ho spiegato, ma lo sapeva, era preparato – continua Giulia –: gli ho detto che ora continuerà a guardarci e sorriderci dal cielo».

Lo sapeva, il commercialista Bertocchi: la Sla prima o poi avrebbe presentato il conto finale. Ma oggi no, domani no, lui andava avanti. Anche a fare il sindaco, per la rabbia di taluni suoi avversari che non avevano avuto la decenza di tenere per sè il pensiero che dovesse «dimettersi: lo lasci fare a chi ha la forza». E lui avanti a inaugurare parchi, a difendere i servizi per il suo paese di montagna, dai medici ai trasporti, con la battaglia vinta per far ammodernare la funivia e per far allargare la provinciale che sale da Nembro. Era pronto anche per il 2024, lui in lista sì, magari poi – aveva ipotizzato ai suoi – a fare il vicesindaco. «Guardava sempre avanti – dicono il suo vice Maurizio Remo Acerbis, che ora gli subentrerà facendo le funzioni di sindaco, e l’assessore al turismo Mario Vitali –: era lui a motivarci, a sgridarci quando gli dicevamo che eravamo stanchi. L’abbiamo sempre visto come un leone, la sua morte ci ha lasciato sgomenti».

Bertocchi avrebbe reso ufficiale la sua lista nell’intervista che avevamo già fissato alla fine dell’inverno, per raccontare la sua straordinaria storia di «resistenza» e quotidiana organizzazione tra terapie, peg, riunioni in Comune e un figlio da crescere. «Un esempio di forza per tutti», hanno detto e scritto in tanti ieri, dagli amici ai tantissimi sindaci della Bergamasca, uniti nel dolore della perdita di un giovane collega. Lo dice anche mamma Giuliana, ieri sempre presente accanto al suo feretro, nella sala consiliare da cui venerdì partirà il corteo per la parrocchiale, dove alle 15 sarà celebrato il funerale, nel giorno di lutto cittadino: «Ha sempre vissuto con forza e convinzione: sono fiera di lui, se così può dire una mamma che ha appena perso suo figlio».

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