I cent’anni di Mirella, la maestra di Colere che i suoi alunni amano ancora

L’anniversario. Parisi festeggiata nella Rsa di Schilpario . Molto amata dai suoi ex alunni e dalle loro famiglie. Il messaggio del figlio: «Grazie per averci aiutato a comprendere e condividere la bellezza».

Mirella Parisi, storica maestra di Colere, ha spento 100 candeline. Domenica scorsa ha raggiunto il traguardo del secolo di vita festeggiata presso la Rsa di Schilpario. Dal 1946 al 1982 è stata insegnante alla scuola primaria di Colere e grazie alla passione con cui ha svolto il proprio lavoro è oggi conosciuta e ricordata con affetto da tutti nella sua Val di Scalve. Era la maestrina esile e minuta che amava lo sport, la montagna e il disegno e si è trovata subito a suo agio nel paesino di minatori e boscaioli dove la vita nella ricostruzione del tessuto sociale nel Dopoguerra era in piena effervescenza. Mirella è subito stata amata da tutti. Nel 1948 ha sposato Mansueto Bendotti, con cui ha avuto 4 figli: Marco, Enzo, Annio e Pier Emma (già deceduta).

Tutti gli alunni la ricordano come severa e puntigliosa e le famiglie dei suoi studenti come un esempio da seguire per la capacità di aprire la mente dei futuri giovani coleresi alla ricerca di un lavoro. La maestra si è molto impegnata nel sociale collaborando con il parroco e il curato dell’epoca. È sempre stata profondamente credente, particolarmente devota alla «sua» Madonnina del Dezzo di Colere, che le ha concesso 4 figli. Appena raggiunta la pensione si è presa lo spazio per coltivare le sue passioni, tra le quali, la più gratificante, è stato viaggiare: presa la patente di guida, sfrecciava con la sua 126 per andare a trovare nipoti e amici. Ballerina di liscio e nuotatrice provetta, amante del mare e curiosa del mondo, ha visitato Egitto, Canarie, Russia, Usa, Francia, Austria per trovare amici e parenti. Ma il suo amore particolare sono state le crociere. Il figlio maggiore Marco le augura buon compleanno con queste parole dense di gratitudine: «Grazie di averci tutti aiutati a crescere, a comprendere e condividere la bellezza, a saper donare senza chiedere il perché».

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