Pacem in terris: Ciambetti, “60 anni dopo, enciclica di straordinaria attualità anche per i laici"

(Arv) Venezia 30 ott. 2023  – L’affermazione di fratellanza universale e il nesso tra pace, dignità dell’uomo e giustizia sociale. Sono questi capisaldi della ‘straordinaria attualità” dell’enciclica “ Pacem in terris ” di papa Giovanni XXIII, secondo il presidente del Consiglio regionale  Roberto Ciambetti , che ha introdotto a Venezia, nella scuola di San Rocco, la presentazione della raccolta di studi giuridici dedicata dal costituzionalista Mario Bertolissi alla lettera giovannea, a 60 anni dalla sua promulgazione. Una enciclica che – ha ricordato Ciambetti, che firma la nota introduttiva alla miscellanea di studi curata da Bertolissi su “ Pacem in terris, Costituzioni e Carte dei diritti ”– ha preso forma dagli orrori del ‘secolo breve’, o ‘ secolo sterminato’ per dirla con Marcello Veneziani, dall’esperienza diretta della guerra che don Angelo, il futuro papa, sperimentò da cappellano militare, dalla tragedia dello sterminio che da nunzio apostolico a Sofia e a Istanbul cercò di contrastare, e non ultima, dalla minaccia di una terza guerra mondiale sfiorata nella crisi dei missili a Cuba nel 1962. “Se rileggiamo quell’enciclica pensando all’intera vita di Angelo Roncalli scopriremo la sua forza profetica, la sua straordinaria attualità, ma sentiremo soprattutto la voce della storia parlarci dalle trincee, delle case diroccate, dai carri dei profughi, da chi fugge dalle pulizie etniche come dalla violenza assassina, ponendoci davanti al loro dolore, ma anche al loro sogno utopico di una pace e di una giustizia finalmente raggiunta – afferma Ciambetti – Il messaggio del papa ci spiega che non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza fratellanza, e non c’è fratellanza senza pace. Sessant’anni dopo quell’11 aprile del 1963 la lezione giovannea, nell’Europa ferita dalla guerra, è di straordinaria contemporaneità. E’ il manifesto del nuovo mondo”.

La lezione dell’ex patriarca di Venezia, salito al soglio pontificio nel 1958, è stata sottoposta da Mario Bertolissi alla rilettura del pensiero ‘laico’ di una trentina di massimi esperti del diritto costituzionale e internazionale e delle scienze storiche e sociali, “in linea – ha premesso Ciambetti – con le tradizioni di laicità e di libertà di scienza e di pensiero della Repubblica di Venezia e con il pensiero della libera ricerca scientifica dell’Università di Padova”. Ne è uscita una ricca e composita analisi, che aiuta a cogliere la novità e la ricchezza dell’ultima enciclica di papa Roncalli, che ha incarnato lo spirito di umiltà e la ‘povertà contenta e benedetta’ delle genti venete e ha incrociato la dottrina della Chiesa con la saggezza del diplomatico. “Proprio al cappellano soldato, al nunzio, al cardinale patriarca di Venezia, giunto al termine della sua vita e già minato nel fisico da quella malattia che lo porterà alla morte nel volgere di meno di due mesi, è toccato promulgare con parole profetiche l’11 aprile 1963 una enciclica, la  Pacem in terris , che per la prima volta nella storia del papato – sottolinea il presidente del Consiglio –  non si rivolge solo ai membri della Chiesa ma a ‘tutti gli uomini di buona volontà’, credenti e non credenti, affinché ‘cerchino, tutte le nazioni, tutte le comunità politiche, il dialogo, il negoziato’.  

La parole del pontefice parlarono ai politici di allora, come dimostrano – ricorda Ciambetti – l’insolita accoglienza che Kruscev e la Pravda riservarono al messaggio papale e la consonanza del messaggio presidenziale di John Fitzgeral Kennedy che “nel rivendicare il diritto-dovere di difendere libertà e democrazia, affermò con forza la richiesta ‘per quelle nazioni che vorrebbero far di sé stesse il nostro avversario, [...] che entrambe le parti ricomincino a ricercare la pace, prima che gli oscuri poteri di distruzione scatenati dalla scienza fagocitino tutta l'umanità in una accidentale o pianificata auto-distruzione [...] Non dobbiamo mai negoziare per paura, ma non dobbiamo mai aver paura di negoziare”.

E - ha aggiunto Ciambetti - continuano a parlare ai politici e alle istituzioni di oggi. Il presidente del Consiglio ha ricordato lo Statuto del Veneto, che nei suoi primi articoli, impegna la Regione a promuovere “la cultura di pace, operare per la giustizia sociale, i diritti umani, il dialogo e la cooperazione tra i popoli”. “La Regione del Veneto – ha ricordato il numero uno dell’assemblea legislativa di palazzo Ferro Fini - è stata la prima regione italiana ad affermare, con una propria legge (la n. 18/1988 ‘Interventi regionali per una cultura di pace’), il dovere dell’istituzione di promuovere una cultura di pace. Impegno riaffermato e aggiornato con la legge regionale n. 35 del 25 ottobre 2018 che ha dichiarato il Veneto “terra di pace” per sottolineare il valore di luoghi – teatro di sanguinose battaglie nella Prima e nella Seconda guerra mondiale – diventati simboli di pace e di convivenza fraterna tra i popoli; e poi con la legge regionale n. 5 del 3 febbraio 2020, “Iniziative per il Giorno della Memoria, la consapevolezza della Shoà, il contrasto all'antisemitismo con la promozione della conoscenza della cultura ebraica”, prima legge regionale varata per preservare, in particolare presso le giovani generazioni, il valore della pace e la memoria della Shoah e dei crimini commessi dal nazifascismo, contrastando nel contempo i fenomeni del negazionismo, revisionismo e antisemitismo”.

Da cappellano e poi da nunzio, da patriarca e da papa – conclude Ciambetti- don Angelo non pensava agli Stati, ma ai popoli, e nella guerra vedeva i volti dei più deboli, degli umili, degli indifesi. Da qui il suo approccio, teologico e al tempo stesso universalistico, al concetto di fratellanza e alla virtù della giustizia: un binomio che ha segnato il Concilio ecumenico Vaticano II, da lui voluto, e che fa da trama costitutiva dell’ultima lettera enciclica che ci ha lasciato. Papa Giovanni ci ha insegnato ‘ si vis pacem, para civitatem’ . Un faro etico, al di là di fede e ragione, oggi più attuale che mai, per credenti e non credenti, che investe la responsabilità di ogni classe dirigente”.

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