Prevedere il futuro climatico grazie a una ‘sfera’ hi-tech ASCOLTA

Per salvare il pianeta oggi, bisogna saper prevedere il futuro: a renderlo possibile non è una sfera di cristallo ma è la potenza dei supercomputer e dei modelli di simulazione. Ospite della seconda puntata di ’10 alla 18’, il podcast dedicato ad esplorare l’impatto del supercalcolo, c’è Silvio Gualdi, leader dello Spoke 4 ‘Earth and Climate’ del ICSC – Centro Nazionale di Ricerca in High performance Computing Big Data and Quantum Computing e ricercatore del Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti Climatici.

“Le simulazioni di quelli che potrebbero essere i possibili climi futuri ci consentono di capire quali dovrebbero essere le politiche di mitigazione da adottare al fine di evitare che la pressione delle attività umane sul clima spinga quest’ultimo verso scenari estremi”, spiega Gualdi nella nuova puntata del podcast che cerca di spiegare come le elaborazioni al computer siano riuscite negli a sviluppare una sempre migliore capacità di replicare, e dunque prevedere, il clima.

Nato per mettere a disposizione di ricercatori e aziende un’innovativa infrastruttura distribuita di supercalcolo Icsc ha una linea specifica, detta Spoke 4, dedicata proprio allo studio del clima. “Le indicazioni fornite dai modelli climatici sono già utilizzate con successo in molti ambiti – spiega Gualdi – sia dai decisori politici, al fine di definire strategie nazionali di adattamento o di riduzione delle emissioni, che dai decisori del settore finanziario e del mondo produttivo, con l’obiettivo di rendere i piani aziendali meno vulnerabili alle conseguenze dei cambiamenti climatici”.

Un esempio in tal senso è il progetto Hammon guidato da Unipolsai, azienda del settore assicurativo, interessata alla valutazione dei rischi associati ai cambiamenti climatici. Migliorare le capacità previsionali non è infatti solo uno strumento scientifico o un semplice servizio meteorologico ma strumenti “che possono essere, per esempio, sfruttate da operatori nel settore agricolo per quantificare la quantità di grano che ci si aspetta potrà essere prodotta nei prossimi mesi, oppure più lontano nel futuro, nei prossimi anni o decenni, in una determinata area”, conclude Gualdi. Attenzione: Questo messaggio è stato inviato da un mittente esterno all'agenzia ANSA. Si prega di fare attenzione ad eventuali collegamenti o allegati presenti, verificando la riconoscibilità della fonte.

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