Storia di Dani Olmo, l’incubo dell'andata. Così forte da sbattere la porta al Barcellona

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Se nasci a Terrassa, appena fuori Barcellona, e il figlio più illustre della tua città è tal Xavier Hernández Creus, in arte Xavi, uno dei più geniali centrocampisti mai visti in un campo da calcio, che sogno puoi avere da piccolo se non quello di arrivare a giocare al Camp Nou? E pazienza che i primi passi nel calcio che conta li muovi nell’altra squadra di Barcellona, l’Espanyol. Daniel Olmo Carvajal, classe 1998, non è uno che hai mai scelto le strade facili né tantomeno comode. Perché il talento di questo minuto centrocampista (un metro e 76, ma Xavi era pure più basso) è di quelli cristallini: per informazioni chiedere all’Atalanta tutta che nel match d’andata al Maksimir di Zagabria se l’è visto passare da ogni dove. Un incubo.

Nota bene, in Croazia di centrocampisti se ne intendono assai. Prima di Dani Olmo, hanno visto giocare con la maglia della Dinamo gente come Boban, Prosinecki e Modric, non proprio gli ultimi arrivati. E tutti sostengono che nessuno, alla loro età, era più forte dello spagnolo. Ma torniamo a Barcellona, sponda blaugrana stavolta: perché dopo una sola stagione nelle giovanili dell’Espanyol, il ragazzo arriva ovviamente dritto sparato alla Masia, la mitica Cantera del Barca: un posto che sforna campioni manco un fornaio le brioche ogni mattina. La lista è talmente lunga da fare paura: Messi, Xavi, Iniesta e Guardiola bastano? Dani Olmo ha 9 anni e comincia la lunga trafila delle varie squadre dove spesso ricopre il ruolo di capitano. E’ un predestinato, deve solo aspettare come e quando.

 

Il problema è che il ragazzo non sa aspettare, non è nelle sue corde: a 16 anni non si sente valorizzato a sufficienza, saluta la Cantera catalana e se ne va altrove. Ma non in un club di prima fascia, va alla Dinamo Zagabria. Ha solo 16 anni e tutti – ma proprio tutti – lo prendono come un pazzo. “La decisione più difficile della mia vita” ammetterà qualche anno più tardi. “All’inizio mi dicevano che ero pazzo, perché avevo lasciato la Spagna per andare a giocare in Croazia. E’ una cosa rara, ma l’offerta della Dinamo non me l’aveva fatta nessun altro club. Mi hanno proposto un bel progetto, puntando molto su di me”. E una volta arrivato lì comincia a mettere in mostra il suo dribbling e la tecnica sopraffina (togliergli la palla dai piedi è gran difficile): inizialmente gioca nella Dinamo II in terza divisione, tempo pochi, pochissimi, mesi e si ritrova ad esordire in prima squadra nel derby con la Lokomotiva. Non uscirà più dai titolari.

 

Nei successivi cinque campionati ne vince quattro e diventa leader indiscusso della squadra. Ha solo 21 anni, normale che su di lui si siano scatenati gli appetiti di mezza Europa, Juventus in testa si dice. Sperando che vada meglio che con Piaca, anche lui arrivato dalla Dinamo. Ma occhio al Manchester City che il talentino l’ha visto da vicino nel match (vagamente difensivo) di Champions all’Etihad e al vecchio amore Barcellona. Che ha sempre il suo fior di fascino. Chiunque lo voglia deve comunque mettere sul piatto almeno 30 milioncini, e potrebbero anche non bastare.

Fantasista, ala, mezz’ala, dovunque lo metti lui gioca e spacca la partita. Prima ancora del 4-0 del Maksimir all’Atalanta, agli Europei under 21 della scorsa estate in Italia ha semplicemente dato spettacolo. La prima partita (persa) con gli azzurrini l’ha vista dalla panchina, le successive è sempre stato titolare: 4 match e 3 reti, compresa quella decisiva nella finale vinta 2-1 con la Germania. E pensare che ad un certo punto si diceva stesse facendo carte false per ottenere la cittadinanza croata (con la Dinamo che premeva) e giocare con la nazionale, dopo aver fatto tutta la trafila nelle giovanili spagnole, per giunta. L’ennesimo strappo dell’inquieto centrocampista che però, alla fine, torna a dare il meglio nell’under 21, dove viene nominato nuovo capitano. Ma dura poco, pochissimo, anche questa volta: lo scorso 15 novembre debutta nella nazionale maggiore entrando al 66° al posto dell’ex Juve Alvaro Morata nel match di Cadice contro la non irresistibile Malta. Finisce 7-0 e lui segna 3 minuti dopo aver toccato il prato, tanto per non perdere l’abitudine.

Normale che il ragazzo abbia voglia di un’altra sliding door, l’ennesima della sua carriera, e che Zagabria gli vada ormai troppo stretta. In estate c’erano diversi club interessati al suo cartellino, il Milan su tutti che voleva fare il tandem con Nikola Moro, altro talento della squadra croata, ma pare che Boban abbia avuto qualche perplessità sullo spagnolo. Bontà sua. Ma le offerte vengono giudicate troppo basse dalla Dinamo, e lui non la prende benissimo. “Il mio obiettivo è giocare in un grande club” dichiara in una lunga intervista al quotidiano spagnolo As. Capiterà sicuramente la prossima stagione, o magari già a gennaio, anteprima di un 2020 che per lo spagnolo si annuncia decisamente ambizioso: “Lavoro per andare agli Europei. So che è molto difficile, ci sono giocatori molto bravi, ma ho fiducia in me stesso e nel lavoro che sto facendo. So che se farò bene con la mia squadra, avrò delle possibilità”. Ma in ogni caso c’è già il Piano B, non proprio da buttare, le Olimpiadi di Tokio: “Vorrei andarci. Giocare le Olimpiadi con la Spagna sarebbe un sogno, per me come per ogni calciatore spagnolo. E’ una competizione speciale e non tutti i calciatori hanno l’opportunità di giocarci” ha detto sempre ad As. Ma subito dopo avrà un altro buon motivo per non rimanere fermo ad aspettare, non ci riesce proprio.