Atalanta, 36 anni dopo si ripete l’incubo dell’Avellino (ma questa è peggio). Riflessioni su scelte e Coppa Italia

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Abbiamo un problema. Bologna, Udine, Genoa, Torino. Punti alla portata ma non presi, a Udine e col Genoa. E punti letteralmente buttati dalla finestra, Bologna e Torino. Quattro pareggi al posto di quattro vittorie. Fanno otto punti estratti dalla potenziale classifica. Anche solo contando le due vittorie già in tasca ma regalate agli avversari, fanno quattro punti. Una squadra che si dice matura, che vuole puntare in altissimo, che è in corsa su tre fronti, non può, non può per nessuna ragione non battere il Torino, avendo già vissuto lo choc di Bologna. Le due partite sono speculari: avversari in campo tramortiti, presi a sberle dall’Atalanta nel primo tempo (anche se il primo tempo col Torino non è stato brillantissimo, ma pieno di errori degli avversari), spina staccata. Andiamo per punti, al solito.

La «spina»

Dicono che Gasperini sia rientrato negli spogliatoi all’intervallo strillando che non si può staccare la spina così. Il problema è che il messaggio «abbiamo la testa alla Coppa Italia» l’ha mandato anche lui alla squadra, quasi giustificandola dopo la sconfitta con la Lazio. Tanto più la squadra finisce per staccare la spina se si ritrova avanti di tre gol quasi senza sforzo, possiamo dire certamente più per gli errori del Torino (e del suo portiere in particolare) che per i propri meriti. E si sa che quando si stacca la spina e si rivitalizzano gli avversari, è poi molto difficile ribaltare di nuovo l’inerzia psicologica della partita. Peccato, perché questi punti (da Bologna a Torino, eccetera) rischiano di pesare tantissimo alla fine della stagione. Questa era un’occasione fondamentale per rinvigorire la classifica. Invece un pareggio che nella testa rischia di pesare più di una sconfitta combattuta. Anche se, a ben guardare, alla fine la si poteva pure perdere.

Le scelte

 

Torniamo sul Gasp anche per le scelte iniziali. Per la seconda volta, Ruggeri è stato schierato dall’inizio e tolto nell’intervallo. Per la seconda volta contro un avversario veloce: prima Lazzari, ora Silgo (che bel giocatore). Per un giovane è molto preoccupante, tanto più se da giovane a disposizione per dare una mano è stato promosso a quarto esterno dal mercato invernale, che al grido di «rosa corta» ha visto partire tutti gli esterni «di scorta», bocciati nella prima parte della stagione. Forse, come da qualche parte si era anche ipotizzato, il meno peggio dei tre, Depaoli, lo si sarebbe anche potuto trattenere. Perché poi le emergenze non capitano mai quando c’è abbondanza, ma... appena mandi via tutti i possibili rincalzi. Risultato: Hateboer rischia l’intervento chirurgico, Maehle ha sette punti su un piede, Gosens è arruolato e Ruggeri allo sbaraglio. Perplessità, parecchia: Ruggeri viene mandato in campo anche perché Gasperini non deve mai rinunciare alla difesa a 3. Il famoso «piano B» di Conte, almeno in emergenza lo si potrebbe testare.

La stanchezza

Solo colpe? Certo che no. Ci sono anche delle attenuanti. Quello che dice Gasperini sulla stanchezza non è un falso problema: giocare il mercoledì sera a Napoli in Coppa Italia, arrivare a notte fonda, avere due soli giorni per recuperare, e dover fare così continuamente, è una fatica che non può non ripercuotersi in campo. Il problema è proprio la dinamica della partita: un conto è sbattere contro il Genoa in continuazione senza far gol, un conto è trovarsi sul 3-0 e spegnersi al punto da rivitalizzare una squadra davvero in difficoltà come il Torino.

Miranchuk e Malinovskyi (e Zapata)

 

Luci e ombre per i due osservati speciali. Miranchuk è entrato meglio e ha centrato il palo con un tiro che avrebbe chiuso la partita. Ha dato la sensazione di essere più «dentro» il gioco. Peccato che stavolta fosse la squadra a non seguirlo. Malinovskyi bene nel primo tempo, quando ha giocato più lontano dalla porta: infatti è dal suo piede, e da una sua bellissima giocata, che è partita l’azione del gol di Gosens. E’ poi tornato il «solito» Malinovskyi nel secondo tempo: palle perse, poco costrutto, un po’ di confusione. Infine Zapata: se è così, il turnover fra le punte non funziona. Perché quando entra Muriel incide, ma quando entra lui incide molto meno. Può essere un problema.

Il gesto di Belotti

 

Un applauso va dato a Belotti. Primo tempo, 3-0 per l’Atalanta, appena fuori area. Cade, l’arbitro fischia fallo e ammonisce Romero. Belotti avvisa l’arbitro di non essere stato toccato da Romero, si toglie la puntizione e Romero viene graziato dal cartellino. Bravo Belotti: gli arbitri vanno aiutati, non sempre e solo indotti a sbagliare.

Il fantasma dell’Avellino

Era il 25 novembre 1984, e l’Atalanta dal 3-0 riuscì a farsi rimontare sul 3-3 dall’Avellino. Da allora, «AtalantaAvellinotreatre» è rimasta scolpita nella memoria di chi c’era, come l’emblema delle partite buttate via. Purtroppo, nella bacheca dei disastri adesso non è più sola. E, poi, l’Avellino era una pari grado, la recuperò nel finale lasciando poco tempo all’Atalanta per provare a recuperarla. Qui il tempo c’era.Il problema è che non c’è più stata l’Atalanta.