Ringraziamo Liverani (ma un ripasso del Trap sarebbe utile). E se ora il titolare fosse Gosens?

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Intesi: un po’ ci piace provocare. Dunque quella che segue è, in parte, una provocazione. Nel senso che sono benvenute, anzi benvenutissime, le squadre che lottano per non retrocedere con il «dogma» del gioco, e vengono a Bergamo a fare la fine del Lecce, domenica. Lo vedete benissimo sia nella match analysis pubblicata questa mattina alle 7 che nei videocampetti di metà mattinata. Il Lecce è venuto a Bergamo per giocarsela, con la ferrea convinzione di poterlo fare con la «costruzione dal basso». Cioè uscire sempre dalla propria area palla al piede, giocandola per i compagni, col fraseggio, ecc ecc. Gli allenatori giovani – e Liverani lo è – hanno forse imparato un po’ la lezione di Gasperini, e magari ci mettono uno spruzzatina di Guardiola. Gioco, gioco. «Ma che è er gioco?», domandava Colantuono, stizzito, a chi gli chiedeva conto in sala stampa del gioco della sua Atalanta. Brutta, sì. Ma vinceva la B e si salvava in A.

Ora a Bergamo sappiamo bene cosa è il gioco. Certo, vedendo la triste fine del Lecce, domenica, viene anche un pizzico di nostalgia (ripetiamo: è una provocazione) per quegli allenatori che salvavano le proprie squadre con più pragmatismo che ricamini. Prendete l’Empoli dello scorso anno. Apprezzatissimo da tutti, tant’è che il suo allenatore – cosa rarissima per un tecnico che retrocede – ha «mandato» in B la sua squadra (per un pelo, va detto) giocando benissimo, e in serie A c’è rimasto lui, al Genoa. Ma il dato da non sottovalutare è quello: ci si salva, imponendo un gioco ricamato a piedi ruvidi? Difficile. Perché se la palla parte dal basso, ma parte così male da essere intercettata dagli avversari in pressione, davanti puoi avere anche Maradona, ma persino lui della palla aveva bisogno, per metterla dentro.

 

Insomma, capiamoci bene. Se altre squadre verranno a Bergamo giocando così, stenderemo tappeti rossi, perché contro squadre così «filosofe» e con qualità media bassa, l’Atalanta vince quasi senza volerlo. Per inerzia. Tant’è che domenica un 3-1 così bello è quasi stato dato per scontato. Ormai il tifoso atalantino non si scompone nemmeno più per vittorie di questo tipo. Ma la riflessione ci sta tutta: forse, specie per chi deve lottare sul fondo, non è del tutto tramontata una filosofia calcistica ormai considerata defunta, quantomeno vintage. Va bene giocarsela, per carità, ma ogni tanto forse una ripassatina di Sonetti, un bigino di Mondonico, due o tre capitoletti del Trap, non farebbero male ai giovani usciti da Coverciano con la convinzione di cambiare il mondo. E ricordiamocelo anche qui, se mai tornassero (scongiuri di ogni tipo sono benaccetti) tempi grami.

Tornando all’Atalanta, per una volta i «pagellologi» sono stati praticamente tutti d’accordo: il migliore in campo contro il Lecce è stato Gosens. Anche qui vale la considerazione sulla portata dell’avversario, ma questo giocatore sta convincendo sempre di più, eppure era una riserva, nelle gerarchie. Ora forse sarà il caso di riconsiderare le gerarchie. O quantomeno di considerare i tre esterni – Hateboer, Castagne e Gosens – alla pari. Hateboer è considerato il titolare di destra, Castagne quello di sinistra, Gosens il primo rincalzo. Ma se sul piano della forza ormai Gosens ha quasi raggiunto il livello di Hateboer, sul piano realizzativo l’ha certamente sopravanzato. Gosens segna con continuità (3 reti in 9 presenze totali quest’anno), ha piedi e testa certamente più raffinati di quelli di Hateboer. Poi certo dipende dagli avversari, dalla forza che va contrastata. E Hateboer è incontenibile, talvolta. Ma pecca sottoporta, lo si è visto anche a San Siro. I piedi restano quelli che sono, nonostante innegabili miglioramenti. Forse il sorpasso non è ancora completato, ma Gosens, che arrivò da perfetto sconosciuto, pescato da Sartori per un milioncino e «coltivato» da Gasp (oggi Transfermarkt gli attribuisce un valore di 8 milioni), ha messo la freccia ed è in terza corsia. Ricordatevelo, quando vi vien da pensare che questa Atalanta nasce solo dalle capacità di Gasperini. Alle spalle, sempre e rigorosamente in silenzio, c’è chi pesca gioielli come Gosens.