Atalanta, alla scoperta della Liga a 43 giorni dal Real. L’azionariato popolare, i diritti tv, il dominio di Madrid

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Mancano 43 giorni alla sfida negli ottavi di Champions con il Real Madrid e mentre gli esperti stanno sicuramente preparando analisi tattiche e report sui giocatori può essere interessante fare un viaggio virtuale verso la penisola iberica per vedere come si sta sviluppando il campionato spagnolo e quale momento stanno attraversando i principali club. Ben venga, per una volta, che il viaggio sia solo virtuale visto il passaggio in Spagna della tempesta Filomena che con ghiaccio e neve da record ha mandato in tilt i trasporti ed i collegamenti da e per Madrid impedendo anche la disputa di Atletico Madrid - Athletic Bilbao in programma per sabato pomeriggio scorso. Occuparsi della Liga negli ultimi anni ha voluto dire soprattutto godersi la rivalità tra Real Madrid e Barcellona, tra i “galacticos” e la “cantera” con Ronaldo e Messi protagonisti assoluti di un campionato che anche in questa stagione si è presentato, secondo il ranking Uefa, in vetta all’Europa davanti anche alla Premier. Da sempre la “temporada” è contesa dai principali network televisivi ed è sinonimo di un calcio tecnico spesso esibito, in epoca pre-Covid, davanti a piazze molto appassionate. Ma qualcosa sta cambiando ed anche piuttosto velocemente visto che sia il Real che il Barca stanno oggi vivendo una profonda crisi in primis economica ma ovviamente anche tecnica con inevitabili conseguenze sulla classifica. Ma andiamo con ordine.

Il campionato spagnolo si svolge con una regolare formula a girone unico dal 1929 ed in 89 edizioni 3 sole squadre sono state capaci di aggiudicarsi il trofeo per complessive 70 volte: al comando di questa storica classifica i “blancos” di Madrid con 34 scudetti seguiti dai “blaugrana” di Barcellona con 26 vittorie ed a seguire il terzo incomodo Atletico Madrid con 10 successi. Segue questo triumvirato di testa l’Athletic Bilbao con all’attivo 8 vittorie nel suo palmares e protagonista insieme alla Real Sociedad del fenomeno del calcio basco di cui vorremmo occuparci specificatamente in una prossimo approfondimento.

Per comprendere appieno il calcio iberico occorre conoscere i meccanismi dell’azionariato popolare, cioè dello statuto che non permette alle società calcistiche di diventare di proprietà di gruppi industriali o di famiglie benestanti. La legislazione ha subito negli anni alcune modifiche che in sostanza si possono sintetizzare con il fatto che oggi i principali club spagnoli sono associazioni senza scopo di lucro con una numerosa base di piccoli azionisti che ogni 4 anni eleggono un presidente che deve comunque presentare importanti garanzie finanziarie in quanto può essere chiamato in prima persona a gestire, per esempio, le operazioni di calciomercato. In sostanza vi è un’assemblea generale formata dal 2 o 3% dei soci scelti per sorteggio e sopra di essa una “junta” con una ventina di rappresentanti che collabora con il presidente. Significativo è proprio il caso del Real Madrid al cui vertice figura da 10 anni Florentino Perez, un impero da due miliardi, secondo Forbes, nel settore delle costruzioni e autostrade.

Perez è al comando perché ha vinto e rivinto le elezioni ma rimane escluso dalla proprietà del club. Ancora più emblematica la vicenda di Josep Maria Bartomeu, attivo nell’ambito delle compagnie aeree, costretto da una mozione di sfiducia a dare le dimissioni dalla presidenza del Barcellona; la tifoseria non gli ha perdonato la gestione dei rapporti con vere e proprie bandiere del club come Messi e Piquè oltre al dissesto in cui versano le casse sociali. Fino ad oggi peraltro questo modello cooperativistico, 1 socio 1 voto, è sembrato fatto su misura per i grandi club che possono vantare sia un vasto bacino di tifosi, il Barcellona ad esempio conta 150.000 soci, sia la capacità di generare forti utili nella gestione degli impianti di proprietà e nel merchandising. In merito invece agli introiti dei diritti televisivi il duo Real-Barca fagocitava fino a pochi anni fa circa il 40% di queste entrate, fino a quando recentemente si è ritenuto di dover distribuire meglio le risorse pena il fallimento della maggior parte delle società. Negli ultimi 2 anni questa percentuale è andata a diminuire a tutto vantaggio di un certo riequilibrio delle forze in campo. A questo punto della vicenda entra in gioco la figura di Javier Tebas, presidente incontrastato della Liga dal 2013 e figura di spicco a livello manageriale di tutto il calcio europeo.

 

Tebas, di professione avvocato, nell’ultimo decennio ha permesso alla Liga di raggiungere i vertici del calcio europeo proprio grazie allo sfruttamento dei diritti televisivi, seconda in questo solo alla Premier, favorendo ad esempio il seguito della “temporada” in tutto il Sudamerica ed in Nordafrica agevolato in questo dalla larga diffusione della lingua spagnola in quelle aree geografiche. L’avvocato cinquantottenne ha acquisito in questi anni prestigio ed autorevolezza ed è considerato il nemico giurato del progetto della Superliga che vede invece tra i principali sponsor proprio Barcellona e Real Madrid. In Spagna si è sviluppata una forte consapevolezza dello stato di profonda crisi in cui versa tutto il calcio europeo, tanto per dire, Tebas, durante il lockdown primaverile, ogni domenica sera esponeva in diretta tv le possibilità di ripresa del calcio giocato. Lo stato di crisi ha influenzato pesantemente l’ultima sessione del calciomercato durante la quale nessuna società ha potuto aprire il portafoglio per rafforzarsi e si è pensato soprattutto a fare cassa come evidenziato nella tabella relativa ai trasferimenti. Gli unici arrivi di rilievo sono stati ad opera del Barcellona che ha acquisito Pijanic, ma in uno scambio con il brasiliano Arthur e saldo attivo a suo favore ed il talentuoso portoghese Trincao prelevato per 31 mln. di euro con un’operazione contabilizzata nel 2020 ma che era già stata perfezionata un anno prima. Il Real Madrid, addirittura, non ha effettuato alcun acquisto, un piccolo record in questo calcio che in occasioni come queste sembra andare all’incontrario.

 

Già prima della pandemia segnali di crisi si avvertivano dall’affluenza del pubblico negli stadi, infatti nell’ultima rilevazione disponibile la percentuale di riempimento degli stadi spagnoli era in calo al 70%, contro il 96% della Premier, il 90% della Bundesliga, il 72% della Ligue 1 e davanti solo all’italico fanalino di coda che si attesta al 59%. Potrebbero giovare in futuro le avviate e avveniristiche ristrutturazioni del Bernabeu e del Camp Nou che si affiancheranno al già collaudato Wanda Metropolitano, casa dell’Atletico Madrid.

Madrid si è ripresa il comando

Dopo questa analisi prettamente economica non deve quindi sorprendere se le cosiddette big hanno faticato sin dall’inizio ad imporsi sia in Europa che in casa e nelle prime giornate si sono alternate alla testa della classifica Real Sociedad e Villareal mentre il Barcellona stazionava in zona retrocessione mentre ora dopo 18 giornate di calendario sembra prendere forma l’ipotesi di un testa-testa madrileno tra Atletico e Real con la squadra allenata da Simeone che si fa preferire per continuità di rendimento forte di una difesa di ferro come da tradizione della filosofia cholista. Pur se recentemente ridimensionata, comunque, la classe media in Spagna gode di ottima salute, testimoniata ad esempio da come sia diversificata la presenza nelle competizioni internazionali; dalla stagione 2017/2018 ben 11 società diverse hanno, in alternanza tra loro staccato il pass europeo, oltre alle 3 big non mancano altri club storici come Siviglia (sempre vincente in Europa League) e Valencia ma anche Villareal, Real Sociedad, Athletic Bilbao e team di più modeste tradizioni come Betis Siviglia, Getafe, Espanol. Il periodo sotto osservazione non è casuale, abbiamo preso in esame le ultime quattro stagioni a partire dal 2017/18 quando in Europa è riapparsa l’Atalanta (poi sempre presente), giusto per dire che in Italia si sono qualificate, al contrario, sempre le stesse 7 squadre che ben conosciamo con l’unica eccezione del Torino ammesso 2 anni fa solo grazie alla squalifica per il fair play finanziario del Milan e peraltro subito eliminato ai preliminari.

In Spagna quindi le posizioni del ceto medio-alto sembrano meno saldamente delineate e ne troviamo conferma anche nella classifica attuale dove Getafe e Valencia, qualificate agli ottavi in Champions ed in Europa League l’anno scorso, sono oggi in piena zona retrocessione. Un’osservazione questa che ci fa comprendere quanto sia importante e strategico per l’Atalanta confermarsi in Europa consecutivamente negli anni, in Champions come in un sogno, in Europa League per una bellissima realtà. Dopo l’avvio stentato l’Atletico ha infilato una serie record vincendo 11 delle ultime 12 con sole 5 reti subite, perdendo in pratica solo lo scontro diretto con il Real. Anche gli uomini di Zidane erano reduci da una striscia positiva in parte rovinata dall’ultima trasferta in casa dell’Osasuna penultimo in classifica ma in grado di congelare il risultato sullo 0-0. Al comando della classifica è dunque la squadra di Simeone con 38 punti e 15 partite giocate, al secondo posto il Real con 37 seguito dal Barcelona con 34 ma con 18 partite all’attivo, più staccate Villareal e Real Sociedad, per la prima volta dall’inizio del campionato le tre big sono in fila al comando, le gerarchie sono state ristabilite.

 

L’Atletico rispetto al suo tradizionale modello di squadra brutta, sporca e cattiva quest’anno ha ulteriormente migliorato la sua compattezza difensiva con l’ottimo rendimento dei centrali difensivi Savic, Hermoso e Felipe davanti al portiere Oblak ed appare anche più disinvolto nella gestione della palla giovandosi soprattutto del sempre più affermato talento portoghese Joao Felix e della mai dimenticata capacità realizzativa di Luis Suarez. Sull’altra sponda della città le stelle del Real non brillano di luce propria ma nel frattempo si è ritrovato un certo pragmatismo che si lega ai suoi uomini più carismatici, la difesa si compatta attorno al suo uomo-simbolo Sergio Ramos, a centrocampo Casemiro, Kroos e Modric frequentano da anni le stesse geometrie e davanti Karim Benzema, a dispetto dei suoi 33 anni, sa come essere utile sia nelle risalite della squadra che, allo stesso tempo, nelle conclusioni sotto porta.

1987 Classe di ferro

Nella speciale classifica reti + assist Karim Benzema è terzo in graduatoria con 8 reti e 5 assist, tutto secondo la norma per l’attaccante di origine algerina arrivato al Real quando il Bernabeu trepidava per Higuain e non gli perdonava qualche stop approssimativo e poi dal 2009 titolare utilissimo ma oscurato dalla presenza del fenomeno Cr7. In questi dodici anni 533 presenze in partite ufficiali con 261 realizzazioni, media gol a partita 0,49 e ben 19 titoli tra cui 4 Champions, 3 mondiali per club e 3 campionati. Classe di ferro la sua, quella del 1987, che piazza ai primi posti della classifica cannonieri Lionel Messi e Iago Aspas, i cannonieri veterani del campionato accomunati tra loro dallo stesso anno di nascita. Detto che Messi, a dispetto di un’ipotetica crisi, è reduce da una doppietta nell’ultimo turno vincente a Granada, occupiamoci del meno conosciuto dei 3: Iago Aspas, centravanti con la maglia numero 10 del Celta Vigo, cresciuto calcisticamente proprio nella squadra galiziana dove a 25 anni è stato protagonista della promozione realizzando 23 gol, si conferma l’anno successivo marcando 12 reti e facendosi apprezzare dagli osservatori del Liverpool che lo portano ad Anfield Road, ma il rude calcio inglese non fa per lui ed i Reds dopo 12 partite lo rispediscono al mittente in Spagna, per la precisione al Siviglia, ma anche li qualcosa non funziona; Iago ha bisogno della sua Vigo per esprimersi al meglio e mai come quest’anno è leader assoluto alimentando addirittura speranze di qualificazione in Europa League. Un centravanti atipico, un falso nueve 2.0 capace di inventare sempre qualcosa di utile al limite dell’area di rigore per sè o per i compagni; un valido motivo per seguire qualche partita della Liga.

Ma ora che la nostra panoramica sul calcio spagnolo è giunta al termine possiamo confessarlo, il più grande motivo d’interesse è seguire passo dopo passo come si comporta il Real Madrid; prima della trasferta al nostro Gewiss Stadium lo aspettano 6 turni di campionato senza particolari scontri al vertice, 1 turno di Copa del Rey e la partecipazione alla “Supercopa” spagnola che si disputa come un playoff a 4 (primo avversario l’Athletic Bilbao), in tutto al massimo 9 partite mentre ricordiamo che l’Atalanta ne giocherà sicuramente 8 che potranno diventare 11 se si conquistasse la finale di Coppa Italia. Lo ha già detto Gasperini ed ha ragione da vendere visti i risultati: “Non abbiamo tempo ora di preoccuparci della Champions”. Ci scuserà se noi, un pochino, abbiamo cominciato a pensarci.