“F acciamo così: chiudo il bar alle 20, ordiniamo roba buona dalla trattoria e la guardiamo insieme, in una decina. Così se vince hai la gioia della condivisione, se perde la consolazione dell’amicizia”. Claudio vuole bene al professor Caudano. Claudio è un uomo a suo modo semplice, che non ha studiato sui libri, questo no. Però, in tanti anni di bar ha studiato gli uomini, le loro facce, i loro silenzi e le loro parole. E ha imparato a riconoscere di chi si può fidare e di chi no. E con il buon Elvio non ha avuto dubbi. Ha subito intuito che non sarebbe stato persona da grasse risate e che non gli avrebbe riparato il freezer, in caso di bisogno. Ma per farlo ridere in compagnia, il bar non è avaro di soggetti bislacchi o dotati di umorismo, e al freezer e a tante altre cose ci pensa lui stesso. Invece, in paese non avrebbe mai potuto sperare di trovare un uomo come questo signore arrivato dalle Marche e non certo in gita di piacere. La discrezione ecclesiastica lo ha protetto, ma Claudio ha saputo o decifrato abbastanza: Elvio è arrivato da uomo sconfitto e con una ferita recente, che lo ha costretto a lasciare la sua vita consueta. Ma è anche un uomo ricco di conoscenza, pensieri, riverberi che gli arrivano dalle letterature antiche e moderne, da un suo cristianesimo tormentato, da una vita probabilmente più letta che vissuta, più immaginata che affrontata davvero. Che possiede una sorta di patrimonio sedimentato nella solitudine. Ma anche nell’umiltà. Per cui non si atteggia. E sa ascoltare. Così, Claudio gli si è affezionato e ha pensato di invitarlo per la partita con il Liverpool.