C resciuto coi racconti di Malines, per anni il mio più grande sogno da tifoso è stato quello di poter vedere la mia Dea ancora in Europa. Anche solo per una volta. Sembra quasi assurdo dirlo ora, ma era un desiderio che non osavo quasi ostentare, perché ben lontano da qualsiasi possibilità concreta. Per quanto siamo stati abituati a non sognare, in questa città? Nel calcio, come nella vita di tutti i giorni. «Se vuoi realizzare i tuoi desideri è meglio che vai nella grande città, così magari cambi anche squadra», pensavano molti. L’aereo dei sogni atterrava sì a Bergamo, ma riportava il nome di Milano, dove poi tutti venivano dirottati. Molti di noi han deciso però di rimanere, consci ed orgogliosi che piuttosto che cambiare città, è meglio cambiare «la» tua città. E così magicamente è stato, anche per la nostra fidanzata. O squadra di calcio, mi confondo sempre. L’era Gasperini ha rivoluzionato il nostro piccolo mondo, ha rivitalizzato l’orgoglio della nostra comunità, infuso coraggio di esser sempre fedeli alla tua filosofia, anche di fronte alle situazioni più avverse, e ha dimostrato che con idee e impegno i sogni si possono realizzare. Anzi, abbattere, ripensare, migliorare. Così come lo stadio, o tante altre strutture cittadine. Una città in continua costruzione, che dà speranza. La Dea ci ha viziato, così tanto che le continue soddisfazioni quasi sembrano fuggire via veloci, senza avere il tempo di potersele godere appieno. Così, giovedì pomeriggio ho deciso di prendermi metà giornata libera. Sentivo la necessità di godermi questo ulteriore sogno appieno, di farlo mio il più possibile. «Ciao io stacco, vado in città che oggi ho promesso la giornata alla mia ragazza. Passeremo una grande giornata assieme quindi chiamatemi solo per emergenze». In verità non avevo nessun piano: solo camminare per il centro, origliare i discorsi da bar, assaporare rumori ed odori, ricordarmi che stavo vivendo qualcosa di forse irripetibile. Peccato che oggi piova, e il Sentierone sia quasi deserto, grigio, sospeso. Sconfortato, mi rifugio sotto gli alberi davanti al comune. Tre ragazzi di mezza età, visibilmente spaesati e dalla parlata non propriamente local, trovano riparo proprio vicino a me. «Hey siete inglesi? Tifosi del Liverpool?!». Sorpresi, ed un po’ preoccupati, fanno cenno di sì. «Siamo fan storici, cerchiamo solo un posto dove ripararci e mangiar qualcosa». Eccolo qui, il mio biglietto per un giorno speciale. «Se vi fidate, vi porto io in un bel posto. Non ve ne pentirete!». Li vedo vacillare, confabulare fra di loro, ma alla fine decidono di seguirmi.