D alla partita contro il Rakòw dello scorso 12 dicembre, Gasperini ha compiuto una scelta definitiva su chi dovesse essere il portiere titolare dell’Atalanta per il resto della stagione. Tra la riserva della nazionale campione del mondo, Musso, ed il promettente portiere riminese, Carnesecchi, il tecnico di Grugliasco ha optato per quest’ultimo. Da allora Marco ha inanellato una serie di ottime prestazioni, che hanno infuso sicurezza a tutto il pacchetto arretrato, e hanno migliorato anche le statistiche relative ai gol concessi dai nerazzurri alle squadre rivali. La vecchia scuola di pensiero, molto legata ai luoghi comuni che ruotano attorno al mondo pallonaro, ha visto soddisfatto uno dei suoi cavalli da battaglia, che recita più o meno così: un portiere, per non commettere errori, deve giocare con continuità. L’alternanza tra numeri uno è deleteria. Cominciamo con il dire che a supporto di tale tesi ci sono numeri che ne dimostrino la veridicità. Un portiere commette errori esattamente come li commette qualsiasi altro giocatore, ed, esattamente come tutti gli altri componenti della rosa, soffre la panchina, così come beneficia della titolarità. La prova di questo ce l’ha data lo stesso Gasperini, che ad inizio stagione ha alternato con puntualità i suoi numeri uno. Se lo ha fatto lui, che crediamo non sia un masochista, ci dobbiamo fidare, anche se molti hanno creduto che le motivazioni che lo hanno spinto a questa alternanza fossero “forzate” da presunte ragioni di mercato, ovvero della necessità di dare spazio a Musso in vista di una sua cessione.