R agionando sui 90 minuti, è stato un disastro. Tecnico, d’approccio, tattico. Ragionando sui 180 minuti, è andata persino bene. Perché per quanto l’Atalanta ha subìto la Fiorentina, lo 0-1 è un risultato di lusso, che lascia aperta la porta per la finale. Ma certo, dopo la partita d’andata la sfida ha una favorita, e si chiama Fiorentina. Perché ha corso di più e meglio, perché ha meritato di vincere e avrebbe meritato uno scarto più ampio, perché mai l’Atalanta ha dato la sensazione di poter venire a capo della partita sul piano tecnico e tattico. Normalmente partite con uno squilibrio così ampio non finiscono con un solo gol di scarto. Se questa è terminata così è solo perché l’Atalanta ha in porta un fenomeno che si chiama Marco Carnesecchi. Ha difeso la sua porta e ha tenuto aperta quella che può portare alla finale del 15 maggio all’Olimpico. Su tutto il resto è persino difficile commentare, tanto è stato il buio visto sul campo. La sola speranza, in vista del ritorno, è legata al fatto che questa non è stata una sfida ad «armi pari», intesa tra due squadre che hanno dato il meglio di se stesse. Ad armi pari, inevitabilmente, deve essere una partita diversa. Dovrà esserlo il 24 aprile, per forza. Altrimenti il «trofeo che manca» continuerà a mancare. Non sarà un dramma, ma certamente sarà un peccato.
1. L’approccio «assente»
La stranezza è questa sorta di «blocco» che ha preso tutta la squadra fin dall’inizio. Una squadra che aveva stradominato il Napoli solo 3 giorni prima, a Firenze è parsa l’ombra di se stessa, incapace di reggere i ritmi della Fiorentina, incapace persino di soluzioni semplici. La manifesta inferiorità ha presto lasciato spazio al nervosismo che via via si è fatto frustrazione, soprattutto nel secondo tempo. Quando l’Atalanta aveva dato segni di vita, nei primissimi minuti.