S era di inizio febbraio. Il professor Caudano arriva alla partita di Coppa Italia contro il Bologna accompagnato da pensieri molesti, tutti soltanto calcistici, anche perché, per il resto, la sua vita liberatasi dalla scuola è piuttosto tranquilla. Il vescovo gli chiede ripuliture di testi che non implicano particolari sforzi, le saltuarie lezioni di italiano, greco o latino sono ordinaria amministrazione e preparare la seconda lettura pubblica, su Quattro e Cinquecento, lo sta divertendo. Nel pomeriggio, a proposito, è arrivato ragionare sul concetto di “fortuna” in Machiavelli e Guicciardini, laddove per “fortuna“ si deve intendere la “sorte“ come insieme delle circostanze storiche in cui ci si trova ad agire. Ora, mentre l’Atalanta e il Bologna stanno per scendere in campo, proprio quel concetto gli torna alla mente. Forse ha letto troppi commenti dopo l’uno a uno interno contro il Torino, e forse ha troppo indugiato sui social. Come che sia, gli pare che la “fortuna” faccia di questo match di Coppa Italia un crocevia nevralgico della stagione. Troppe suggestioni diverse si intrecciano, e il povero Elvio, all’orizzonte, vede più nuvole nere che squarci d’azzurro. Legge la formazione e fa il conto degli infortunati: risalendo il campo, Carnesecchi, Kossounou, Kolasinac, Scalvini, Lookman e Scamacca. Sono, o potrebbero essere, sei titolari. Legge la formazione e pensa agli esiti del mercato di gennaio: sono arrivate due buone novità, come Maldini e Posch, ma il primo sostituisce Zaniolo e il secondo non basta a riempire le lacune apertesi dietro. Sarebbe servito un altro difensore, manca ormai storicamente il mitologico vice de Roon, Retegui non ha dietro sé un sostituto. A dicembre, la società diceva che gli acquisti di gennaio sarebbero stati Scalvini e Scamacca, ma gennaio se li è portati via come un brigante dispettoso che li aspettasse giusto per rapirli.