La risposta che volevamo: l’Atalanta ha un cuore che batte, e questa è una vittoria indimenticabile

commento. L’editoriale di Roberto Belingheri

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I l bello dei punti più bassi è che, da lì, puoi solo risalire. Torino per l’Atalanta è stato un punto basso, bassissimo. E adesso lo sappiamo: era il punto più basso. Quello che quando arriva ti scuote, ti costringe a reagire, a trovare forze che sembravano svanite nel nulla. Atalanta-Milan è stata una partita indimenticabile per l’altalena di emozioni, per il gol di Muriel che è un gesto tecnico degno dei più forti giocatori della storia, perché la classifica adesso ha fatto uno scatto in avanti determinante. Ma soprattutto per una cosa: abbiamo passato una settimana aspettando una risposta dalla squadra: sei viva, Atalanta? E la risposta è arrivata. L’Atalanta c’è. Anche a dispetto di una vigilia trascorsa col fiato sospeso per le condizioni fisiche degli unici difensori potenzialmente disponibili, Djimsiti e Scalvini. Che invece giocano, e giocano due partite straordinarie. E di una vigilia che ha lasciato perplessi, per certe parole di Gasperini in aperta contraddizione con quelle del presidente Percassi di una manciata di ore prima, per le voci su alcuni giocatori destinati a essere messi ai margini.

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Invece alla fine ci pensa il campo, ci pensa il cuore. Perché le squadre sono fatte di uomini, non di robot. E gli uomini vivono anche di emozioni negative che suscitano reazioni d’orgoglio. A Torino abbiamo visto una squadra lentissima, col Milan abbiamo visto persino Miranchuk mangiare l’erba. Dopo Torino qualche trombone sfiatato aveva definito l’Atalanta bollita, o indecente, dando giudizi che parevano sentenze passate in giudicato. Invece, poi, c’è il campo, c’è la realtà. C’è la testa di una squadra. E c’è il tacco di Muriel, il pizzico di genio che ti risolve il guaio come solo lui sa fare. Fine del prologo, c’è ancora tanto da dire.