Stavolta il professor Caudano non riesce proprio a raccontare l’Atalanta

storia. Il nuovo racconto di Stefano Corsi

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I l professor Caudano lo chiama “il narcotico del calcio”, a intendere che le partite spalmate su tanti giorni producono un effetto soporifero dentro le coscienze. I novanta minuti di distrazione per ogni finesettimana, quando tutte giocavano contemporaneamente, sono diventati novecento, dal venerdì al lunedì sera. Senza poi contare le coppe infrasettimanali. Lui cerca di difendere i suoi spazi. L’accordo che ha preso con se stesso è di guardare seriamente solo l’Atalanta… Le altre, o le ignora, o le tiene come sottofondo mentre fa altro. Rarissimi i casi in cui vi si dedica completamente. Come è ovvio, tutto dipende dalle contendenti, dalla situazione in classifica e dagli impegni cui il buon Elvio deve ottemperare. Dopodiché, anche con tutti questi accorgimenti, quando arriva la pausa delle Nazionali la rinuncia al farmaco del campionato pesa. Perché dei motivi di curiosità, comunque, il grande romanzo ne riserva sempre. Storie di singoli allenatori o giocatori, momenti delle varie squadre, rapporti fra società e stampa: c’è quasi sempre una ragione per cui buona parte degli incontri di una giornata stuzzicano l’interesse di un tifoso sentimentale. Tanto più, se la sua squadra resta la sua squadra e se il “suo” allenatore ora siede su un’altra panchina. Caudano, dunque, da una parte si trova a maledire l’eccesso di calcio giocato e trasmesso, ma dall’altra ne sente la mancanza, come avesse contratto una sorta di dipendenza. Sull’Atalanta è come se tenesse sospeso il giudizio, perché al cuore non si comanda e gli occhi e alla matematica nemmeno. Gioco così così, risultati così così, innesti in alcuni casi ottimi in altri meno.