I grandi investitori dagli Usa all’Europa: ecco perché il calcio conviene (e perché l’Atalanta è, finora, un caso unico)

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C om’è ormai noto da qualche giorno, una compagine di imprenditori americani stelle e strisce affiancherà la famiglia Percassi nel capitale sociale dell’Atalanta. Non si conoscono ancora tutti i dettagli della transazione, si ritiene possa costituirsi una cordata di soci-investitori che tramite una società ad hoc o un private equity rileverà parte del pacchetto azionario di proprietà del gruppo Percassi. Ma sono già elementi che permettono di dire che quanto si sta verificando a Bergamo è una soluzione inedita che trova poche similitudini con le altre proprietà straniere in Italia ed in Europa. Vediamo quindi una panoramica delle principali esperienze in corso.

Gruppi familiari o fondi?

Limitandoci al solo Nordamerica sono ormai arrivate a quota 10 i club in Italia con maggioranza made in Usa, ma solo 3 sono in mano a fondi di investimento: la Roma dei Friedkin, la Fiorentina di Commisso o lo Spezia di Piatek, solo per citarne alcuni, sono in realtà in mano a grandi gruppi industriali tuttora governati da holding che fanno infine riferimento a famiglie o persone fisiche. Questo non esclude che vi sia comunque la presenza di molta finanza visto che stiamo parlando di gruppi industriali molto articolati in cui il club sportivo si integra con altri interessi spesso legati ai media o a quei settori che in inglese vengono definiti «leisure and retail». Nei casi sopracitati in Italia si sta seguendo con qualche decennio di ritardo l’esempio di successo della famiglia Glazer a Manchester o dei Kroenke all’Arsenal, di successo ma spesso osteggiate dalla tifoseria locale.