Formula, tranelli e i (pochi) soldi della Conference League: l’ultima (o quasi) speranza europea dell’Atalanta

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D al 1971, anno di nascita della Coppa Uefa, fino al 1999, quando andò in scena l’ultima edizione della Coppa delle Coppe, l’Uefa ha organizzato tre competizioni stagionali per i club del vecchio continente. Il 6 ottobre 1998 però il Comitato Esecutivo, radunatosi a Lisbona, ritenne di far convergere in un unico torneo le due coppe minori. Due mesi dopo fu ufficializzato l’allargamento della Champions League alle terze e alle quarte dei tre campionati più importanti. L’intento era evidente, creare una competizione che raccogliesse il meglio del calcio europeo, evitando il ripetersi di stagioni in cui la finale di Coppa delle Coppe aveva sovrastato per pedigree la sorella maggiore. Nel 1991 per esempio, il San Nicola di Bari ospitò l’atto conclusivo della coppa dalle grandi orecchie tra la Stella Rossa e l’Olympique Marsiglia, decisa ai rigori dopo un mesto 0-0, mentre due settimane prima a Rotterdam il Manchester United e il Barcellona diedero spettacolo con in palio la Coppa delle Coppe. Il risultato è stato pienamente realizzato ma anche l’Europa League è diventata terreno di caccia delle nazioni leader del continente: le ultime 10 edizioni sono state vinte 7 volte dalle formazioni spagnole e 3 da quelle inglesi. Un duopolio che unito al dominio delle rappresentanti dei 4 tornei più importanti (Premier League, Bundesliga, Liga e Champions League) in Champions League (l’ultimo vincitore non appartenente a questa cerchia è stato il Porto nel 2004) ha indotto la Uefa a creare un nuovo torneo per dare speranza di successo a tutte le altre federazioni, la Conference League. E in questo approfondimento vedremo come funziona la coppa che l’anno prossimo - la speranza c’è ancora - potrebbe ospitare l’Atalanta.