L’Atalanta e il futuro dei giovani: forum a L’Eco con Samaden: «I nostri ragazzi? Comportamento, spirito, tecnica»

Intervista. «L’Eco Talk» sul calcio giovanile

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Roberto Samaden, responsabile del settore giovanile dell’Atalanta, ha partecipato a un forum con i giornalisti de L’Eco di Bergamo sul futuro del calcio giovanile. A «L’Eco Talk» hanno partecipato Robreto Belingheri, Piero Vailati, Lorenzo Sala, Massimiliano Bogni, Cesare Malnati, Filippo Maggi e, in rappresentanza della community dei lettori, Franz Barcella.

«P er me, anche da avversario, le giovanili dell’Atalanta hanno sempre avuto tre parametri che le rendevano riconoscibili anche senza maglia: valori comportamentali, atteggiamento e spirito di chi non molla mai e qualità tecnica, capacità di giocare a calcio. Vorrei che queste caratteristiche diventassero ancora più marcate e identificative». Roberto Samaden (con l’accento sulla seconda «a», a dispetto dell’istinto che chissà perché porta sempre gli interlocutori a piazzarlo sempre sulla prima, oppure sulla «e»...) è approdato all’Atalanta come responsabile del settore giovanile dopo più di trent’anni all’Inter, prima come allenatore e poi alla guida del vivaio: «Ma per ora – racconta – sono solo passato dall’essere un osservatore esterno, all’essere un osservatore interno, visto che sto ancora osservando e studiando e mi sono dato un anno per capire cosa sia davvero l’Atalanta. Ma sono già convinto di una cosa: a Bergamo la differenza la fa l’ambiente, e l’ambiente lo fanno le persone». Ieri Samaden è stato protagonista, nella redazione de L’Eco di Bergamo, di un forum che ha messo al centro il presente e il futuro della cantera nerazzurra e del calcio giovanile.

Dopo tanti anni all’Inter, quali differenze ha trovato nel gestire una società di quel tipo rispetto a un’Atalanta, e quali novità ha portato?

«Innanzitutto io ho fatto questa scelta per un’esigenza di cambiamento, nata anche dall’ascolto di persone che mi hanno spiegato come il cambiamento sia fondamentale per migliorare. Le differenze sono quelle che percepivo anche stando all’Inter: là c’è una dimensione internazionale, che ha sicuramente un suo fascino, ma anche dei limiti legati alla necessità di ottenere risultati e continuare a farlo.