Città del calcio, si vola a Bucarest. Vittorie pilotate, campioni spariti, le squadre dei ministeri: è il pallone sotto dittatura

Articolo.

Lettura 10 min.

A Nicolae Ceausescu il calcio non importava granché. Era nato a Scornicesti, 12mila anime a due ore d’auto da Bucarest: posto abbastanza insignificante, ma quando nel 1978 la squadra di casa si ritrova in corsa per la massima serie rumena lo zampino ce lo mette. Eccome. All’ultima giornata in testa ci sono il Flacara Moreni e il Viitorul (indicato anche come Olt) Scornicesti. Pari punti, entrambe giocano sul terreno amico, ma la differenza reti è nettamente a favore del Flacara. E qui le ricostruzioni divergono, ma il finale è lo stesso. Prima versione: vincono entrambe, ma per passare la squadra del conducator deve fare 18 reti. E difatti vince 18-0. Seconda versione, persino più gustosa: a Moreni c’è un emissario del Viitorul che comunica in qualche modo un risultato di parità, 1-1. A Scornicesti capiscono 11-0 e tirano fisicamente fuori dalla doccia le due squadre fino ad arrivare a quota 18. Comunque sia andata, nella massima serie ci finisce la squadra del compagno Nicolae. In Romania il calcio è sempre stato un affare di Stato, con livelli di combine e corruzione oltre ogni limite. Il potere era Bucarest e le squadre del posto si sono spartite per decenni coppe e campionati: dal dopoguerra alla caduta del muro di Berlino lo score segna 14 titoli nazionali per i rossoblu della Steaua nelle sue varie denominazioni e 12 per i biancorossi della Dinamo. La prima è la squadra dell’esercito, la seconda del ministero dell’Interno. Che ne aveva pure un’altra, il Victoria, sciolta nel 1990. Al terzo posto ci sta l’Arad con 6 campionati, ma l’ultimo è datato 1970. Dopo il 1989 la Steaua ne vince altri 12, la Dinamo 6, ma ora la capitale è a secco dal 2015: l’asse del calcio rumeno si è spostato a Cluj, 5 titoli vinti dal 2008 in qua, il sesto praticamente in tasca prima del lockdown. Ma è tutto abbastanza aleatorio da queste parti.