Tra Atalanta e Juve c’è Alessandrelli. Una vita tra panchina, radioline e quel match col Gasp

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P are lo chiamassero radiolina. Perché all’epoca di «Tutto il calcio minuto per minuto» (quello vero, mitico) il suo compito era stare attaccato al transistor, aggiornare la panchina e gli 11 in campo sulla situazione delle altre partite di serie A. Quella a 16 squadre, dove il campionato era un affare a strisce bianconere, con il Toro lì attaccato a combattere punto su punto e il portiere di riserva aveva un solo numero: 12. Sull’A4 tra Bergamo e Torino ne sono passati di giocatori, sull’asse Atalanta-Juventus e viceversa campioni come Scirea e Cabrini, ottimi giocatori come Vieri, Inzaghi, Spinazzola, Fanna, Montero, Marchetti, Mirkovic e Prandelli, faticatori come Padoin o talenti inespressi come Marocchino e Tavola, solo per citarne alcuni. Ma sono anche arrivati personaggi indimenticabili, nel bene e nel male. Come Giancarlo Alessandrelli, professione portiere. O meglio panchinaro. Riserva di quel cannibale di Dino Zoff.