Atalanta, dai sogni americani agli incubi del campo: gli arbitri, gli infortuni, le squalifiche. Ma un attaccante, proprio no?

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D ue giorni con stelle e strisce negli occhi, due giorni a sognare un futuro diverso. Poi, il brusco ritorno alla realtà di un calcio italiano precipitato nella confusione. Bonaventura dieci giorni fa non era attivo, nel cuore dell’area di rigore. Invece dieci giorni dopo Hateboer è attivo, mentre corre verso la porta e certamente attira a sé un difensore, ma non ha alcuna chance di raggiungere la palla e la sua posizione irregolare è questione di centimetri. Fosse stato meno «armadio», sarebbe stato buono. Battute a parte, il senso di disorientamento nei confronti di un calcio che sembra cambiare regole partita per partita, arbitro per arbitro. L’interpretazione soggettiva pare aver soppiantato le regole: e questa è la base della confusione, della discrezionalità, dei sospetti. Tutto il contrario di quel che serve a una competizione pulita, ordinata, dove vince chi fa gol e che non si porti dietro una scia di veleni che sta diventando insopportabile. Poi, a filo di regolamento, magari il gol di Malinovskyi era davvero da annullare. Ma il discorso non è solo questo: il discorso è che andando a cercare episodi simili, certamente se ne troverebbero in cui il gol è stato convalidato.