Q uesto volevamo, questo abbiamo avuto. Volevamo una squadra che reagisse, che si sentisse viva, unita, capace di intensità, di agonismo, di fare gol e di provare a farne ancora, capace anche di rischiare qualcosa pur di provare a vincere. Questo abbiamo avuto. Atalanta-Milan è il settimo pareggio in nove partite, ma stavolta non è l’ennesimo sintomo della «pareggite». Perché questa è stata una partita che dall’orlo del baratro ci ha restituito la «nostra» squadra, che non ha vinto tre punti ma ha stravinto ai punti, e soprattutto ha vinto nel cuore della gente, di tutta quella gente che non era contenta dopo le ultime partite, che ha fatto sentire la sua voce anche molto critica, ma quella critica veniva dal cuore, quasi sempre, veniva da quanto questa gente vuole bene all’Atalanta. Poi sì, è venuto un pareggio, un altro passo piccolo piccolo in classifica, che per come si era messa va anche bene ma per come si era sviluppata ti rimane quel pizzico d’amaro. Ma stasera conta poco, conta meno. Perché poteva andare malissimo, dopo Cremona, e ancora peggio dopo il gol preso al 3’, che pensi che se ci si mette pure la sfortuna, allora addio. E invece, dal punto più basso abbiamo avuto indietro l’Atalanta.
1. Le scelte di Juric
Quelle iniziali sembravano funzionare poco, va detto. Non per il gol preso, perché è frutto della sfortuna. Ma per come girava il gioco della squadra nei primi 20’ del primo tempo. Solito giro palla lento, orizzontale, 10-15 metri fuori dall’area, senza sbocchi. In più, avendo rinunciato a Krstovic, i cross non trovavano teste nerazzurre, e il gioco non trovava verticalizzazioni centrali perché Cdk e Lookman stavano nelle loro zolle preferite, sui lati.