La finale più bella per un Mondiale modesto: a Leo la coppa della carriera (e a Bergamo la gioia per quei tre)

commento.

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E’ inutile stare a cercare chissà quali paroloni per descrivere quello che abbiamo visto nel pomeriggio di ieri. È, semplicemente, lo sport più bello di tutti. Perché solo il calcio può regalare tre ore così, con due fuoriclasse che si affrontano, con ogni piano tattico che salta per aria, con una partita che sembrava decisa per l’Argentina che si ribalta completamente fino a farti pensare che ormai vincerà la Francia. Poi no, la ribalta ancora l’Argentina e ancora la Francia la riprende. E all’ultimo minuto del recupero del secondo tempo supplementare, prima la Francia e poi l’Argentina falliscono il gol del 4-3. Benedetto, a quel punto, per la squadra che avrebbe vinto. Maledetto per tutti noi, che ci saremmo visti sottrarre il thriller dei calci di rigore. Questi i fatti. Ora il difficile è andare in fuga dalla retorica. Dalle leggende, dalle storie, dalle partite più belle di tutti i tempi. Da tutto il prêt à porter che le tastiere scongelano per le grandi occasioni. In verità, non serve la retorica per incorniciare una partita così: basta descriverla. E non servono aggettivi per aggiungere commozione a ciò che abbiamo visto, giacché l’unico a non aver versato una lacrima è stato quello che ti saresti aspettato crollare, Leo Messi.