L’Atalanta a Lecce si è fatta male da sola. La rivoluzione di Gasperini analizzata punto per punto (con esito sconfortante)

commento.

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«G asperini è arrabbiatissimo in panchina». Il leit motiv della telecronaca di Lecce-Atalanta, su Dazn, è stato questo. Dal 5’ del primo tempo, più o meno. Il problema è con chi, o per cosa, l’allenatore dell’Atalanta doveva essere arrabbiato. Perché a parte i pochissimi frangenti iniziali, è parso chiaro praticamente subito che la formazione rivoluzionaria schierata da Gasperini non avrebbe funzionato, non per mancanza di qualità dei singoli messi in campo, ma perché 9 cambi tutti insieme sono troppi, probabilmente, per qualsiasi squadra, anche di qualità complessiva superiore a questa Atalanta. Andiamo per punti, e avvisiamo fin d’ora: pur con tutta la serenità del mondo, questo articolo somiglierà parecchio a una requisitoria. Ma gli appunti portano tutti dalla stessa parte, eccetto la nota positiva del gol di Zapata, ovviamente ancora molto lontano dalla condizione migliore. Ma prendiamo almeno l’unico frutto positivo raccolto a Lecce.

1. Il turnover

«Non c’è bisogno del turnover», ha detto tantissime volte Gasperini in questi anni a Bergamo. Poi, di colpo, come fosse una sorta di tassa annuale, arrivano queste partite con la rivoluzione incorporata, partite che regolarmente consegnano esiti infausti e ottengono l’effetto opposto a quello desiderato. Ricordiamo una partita con la Sampdoria, per esempio, con 7 cambi ma a cavallo della sfida cruciale di Champions con il Mityjlland. Ma questa le batte tutte, addirittura con 9 cambi in formazione. E ripetiamo: il tema non è (solo) la qualità dei singoli, il tema è metterli tutti insieme, costruendo una squadra che non può avere certezze perché in partita, insieme, non hanno mai giocato.