L’Atalanta e il mercato. L’obiettivo possibile (ma difficile): meno quantità e più qualità, soprattutto di chi gioca di meno

scheda. L’approfondimento di Roberto Belingheri

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M ercato. Basta la parola. L’incubo di chi lo vive: i tifosi. L’incubo di chi lo segue: i giornalisti. L’incubo di chi lo fa: i dirigenti. Eppure, indispensabile per tirare avanti il carrozzone del calcio. In estate, per costruire la stagione. In inverno, per raddrizzare quel che s’è sbagliato in estate. Dunque, eccoci qui ad accendere il faro sull’Atalanta, per provare a capire come siamo messi, cosa si potrebbe fare per uscire da questa sessione con una squadra migliore di quella attuale. E provare così a raddrizzare una stagione che, complice da un lato (e soprattutto) la scelta di mettere Ivan Juric in panchina, e dall’altro un cambio di strategie di mercato che ha portato all’abbandono graduale delle scelte di scouting per affidarsi a nomi più noti e più cari, rischia di complicare il futuro dell’Atalanta. Andiamo, come sempre in questo genere di approfondimenti, per reparti.

I portieri: niente da fare

In porta non serve fare niente, in estrema sintesi. Marco Carnesecchi sta disputando un’altra stagione eccezionale, Marco Sportiello è un secondo di assoluto valore, Francesco Rossi un terzo che rappresenta ormai una figura di garanzia dentro lo spogliatoio.

Difensori centrali: 6 per 3 posti

Giocano in tre, e i giocatori disponibili sono sei. Si sente spesso dire - fin dai tempi di Juric - che manca un difensore. Eppure, non sembrerebbe. L’Atalanta, che gioca stabilmente con i tre centrali, ha oggi in rosa Ahanor, Djimsiti, Hien, Kossounou, Scalvini, Kolasinac. Proprio il rientro di quest’ultimo, assente per infortunio a inizio stagione, ha colmato la lacuna che probabilmente vedeva il precedente allenatore.