L’Italia, il calcio, la crisi della Nazionale: non servono riforme, servono campioni. Bisogna tornare a rompere le finestre

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L a colpa. E’ passata una manciata di giorni dall’eliminazione dell’Italia dalla corsa ai Mondiali, e come quasi sempre nel nostro Paese il tempo è trascorso nel tentativo, come sempre inutile, di attribuire una colpa. E’ colpa di Mancini, è colpa dei giocatori milionari, viziati e pure sporcaccioni, è colpa della Federcalcio. No, è colpa dei club che non rischiano più, delle regole che non aiutano i giocatori italiani, dei presidenti che cercano solo all’estero, dei giocatori che non si sa bene che colpa possano avere, ma nel calderone fa comodo infilare pure loro. E’ colpa dei vivai, che non ci sono più i vivai di una volta. Dare la colpa serve quasi sempre a niente. Serve, piuttosto, analizzare a fondo la situazione e partire da un dato di fatto: non era una Nazionale di fenomeni quella che, grazie anche a una dose di fortuna ed episodi favorevoli, ha vinto un Europeo contro ogni pronostico; non è una Nazionale di somari questa che, a causa anche di una dose di sfortuna e di episodi sfavorevoli, ha prima fallito un girone abbordabilissimo e poi ha perso il primo spareggio, nientedimeno che contro la Macedonia del Nord.