Retegui e la pioggia di milioni dall’Arabia: operazione che «descrive» l’Atalanta (e che si giudica dal sostituto)

commento. L’editoriale di Roberto Belingheri

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C’ è gran poco da fare, purtroppo. Questi arabi non mollano niente. E nonostante il loro calcio, anche se costruito a colpi di grandi star, non suscita sostanzialmente alcun interesse al di fuori dei loro confini, insistono. E finanziariamente giocano tutto un altro sport. Bisogna dirlo molto chiaramente: questo Al-Qadisiyah, il club dove alla fine andrà a giocare Mateo Retegui, è un club con nessuna, o quasi, competitività internazionale. È un club che sta cercando di costruirsi un ruolo dentro il calcio arabo. Dunque da un lato sono comprensibili le perplessità dei calciatori che in precedenza hanno rifiutato questo trasferimento. Ma d’altro canto è comprensibile anche chi dice sì. Nonostante un fortissimo downgrade tecnico, nonostante Khobar non sia esattamente la miglior città del mondo nella quale pensare di poter vivere, 20 milioni a stagione sono qualcosa di difficile persino da immaginare. Per quattro stagioni, fanno 80 milioni. Una discreta remunerazione per, di fatto, una carriera che esce dal calcio «vero», mettendo a rischio anche una Nazionale nella quale comunque Retegui può continuarea a sperare, non foss’altro che per la carenza di materia prima che riguarda soprattutto il suo ruolo.