Troppo Real per l’Atalanta (a prescindere da Sportiello). Ma Bergamo all’Europa non dice addio: dice arrivederci

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C erto che tutti avremmo sognato un’Atalanta che elimina il Real Madrid. Specie dopo quei primi 17 minuti tutto sommato in equilibrio della partita d’andata. E soprattutto dopo quell’espulsione ingiusta. Tutti avremo sognato Davide che spara il suo colpo di fionda in fronte a Golia, e lo stende. Il calcio a volte riserva sorprese, forse più che ogni altro sport vive momenti d’imprevedibilità. Ma quasi sempre cammina sui binari della logica, e la logica del campo, alla fine, ha detto quel che doveva dire: il Real Madrid è più forte e va ai quarti di finale di Champions League. Detto questo, vale pienamente quel che più o meno tutti hanno detto e scritto alla vigilia: a prescindere dal risultato della partita e dall’esito della doppia sfida, resta l’orgoglio di essere arrivati a giocare due partite sulla vetta del calcio mondiale. Contro una squadra che non ha una bacheca, ma un festival della coppa. Real Madrid uguale calcio che vince: è un nome che intimorisce solo dicendolo. Dieci anni fa fra qualche giorno l’Atalanta giocava una partita apparentemente innocua, in casa col Piacenza. Da lì, cronache giudiziarie e l’orlo dell’abisso. Dieci anni dopo, là dove c’erano Gervasoni, Anaclerio, Piccolo e compagnia biancorossa c’erano Nacho, Sergio Ramos, Benzema. Non fosse stato per questo periodo balordo, là dove c’era il vecchio Comunale, con tutte le sue crepe, ci sarebbe stato il Bernabeu gremito, e magari quindicimila bergamaschi in trasferta a Madrid. Dieci anni ed è cambiato tutto, e nulla cambia, in fondo, questa sconfitta.