Come difende l’Atalanta di Juric sulle palle inattive? Come funziona (e che rischi comporta) la zona

scheda. L’approfondimento di Gianluca Besana

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I l calcio è fatto di dettagli, e se c’è un terreno in cui i dettagli pesano più di ogni altro, questo è quello delle palle inattive. Per l’Atalanta di Ivan Juric, i piazzati rappresentano una cartina di tornasole: mostrano le continuità metodologiche del nuovo tecnico e allo stesso tempo mettono in evidenza le fragilità ancora da correggere. Dopo due giornate di Serie A 2025/26 il campione è ridotto, ma sufficiente per capire quali sono i principi di riferimento e dove si aprono crepe, o dove ci sono margini di crescita. Juric ha sempre avuto un’ossessione per l’ordine difensivo nelle palle ferme. Al Torino, i corner contro erano difesi con una struttura a zona pura, una scelta quasi didattica: due linee interne all’area piccola (una da quattro uomini a ridosso del 5,50 e una da tre più avanzata), un giocatore a coprire l’eventuale palla corta, uno o due riferimenti fuori area per la transizione. Un modello pensato per neutralizzare le corse avversarie, ridurre i mismatch fisici e soprattutto proteggere la zona più delicata, quella davanti al portiere. A Bergamo il principio sembra già riemergere. Contro Pisa e Parma, l’Atalanta ha schierato sfalsati su due righe sei/sette giocatori a protezione dell’area piccola, due/tre per proteggere lo spazio tra l’area piccola e i 9 metri del dischetto del calcio di rigore, e uno ( solitamente l’esterno del lato di rifermento ) qualche metro fuori dall’area per difendere su eventuali scambi corti. L’idea è chiara: ridurre al minimo i duelli individuali e affidarsi alla capacità del collettivo di presidiare lo spazio.