L’ Atalanta ha portato a casa tre punti fondamentali, ma lo ha fatto dentro una partita che ha raccontato una storia diversa da quella che ci si sarebbe potuti aspettare. Nonostante la superiorità numerica maturata praticamente subito, la gara è rimasta a lungo dominata nel possesso ma non nelle occasioni. Il Genoa, più compatto, più intenso e più coerente nel proprio piano ha frustrato per lunghi tratti la supposta maggior qualità dell’Atalanta. A decidere l’incontro non è stata un’azione manovrata, ma un calcio da fermo. Episodio che ha chiuso una gara vinta più per insistenza che per qualità. Da qui parte l’analisi di una prestazione che impone riflessioni oltre il risultato.
Palladino ha schierato l’Atalanta nel consueto 3-4-2-1, ma con alcune scelte indicative del momento. In difesa, l’assetto con Hien centrale, Kolasinac e de Roon come braccetti, ha cercato solidità e capacità di copertura in campo aperto nonostante le tante assenze del momento, mentre Bernasconi è stato confermato sulla corsia di sinistra. In mezzo, Musah ed Ederson sono stati chiamati a garantire intensità (compito riuscito solo a tratti), mentre più avanti De Ketelaere e Maldini hanno agito alle spalle di Scamacca con il compito di legare il gioco e occupare i mezzi spazi. Il Genoa di De Rossi si è presentato con il consueto 3-5-2, confermando una struttura pensata prima di tutto per reggere l’impatto fisico e rendere la partita difficile sul piano dei duelli. Davanti a Leali, la linea difensiva a tre ha privilegiato profili aggressivi e portati all’anticipo, con l’obiettivo di accorciare in avanti e difendere lontano dall’area. Sulle corsie, Norton-Cuffy e Martin sono stati scelti per garantire ampiezza e corsa, in continuità con la fase di non possesso, abbassandosi fino a comporre una linea a cinque. In mezzo al campo, Frendrup e Malinovskyi hanno rappresentato il cuore del sistema: il primo incaricato di rompere il gioco avversario, il secondo chiamato a dare immediatezza e verticalità alle prime giocate. Davanti, la coppia Vitinha-Colombo ha dato al Genoa mobilità e riferimenti per il gioco diretto, coerentemente con un piano gara orientato più a sporcare il ritmo che a controllarlo.